La filosofia nei futuribili Licei

Di: Paolo Citran
1 Settembre 2010

Erano gli anni Novanta, prima dell’entrata in funzione dell’Esame Conclusivo di Stato introdotto nella Secondaria Superiore da Luigi Berlinguer. Come spesso mi era capitato, svolgevo il ruolo di cireneo di turno nella qualità di commissario interno, in un periodo in cui nel mio Istituto si respirava un certo fervore innovativo con l’avvio di sperimentazioni autonome (che successivamente sarebbero divenute corsi Brocca) e conseguentemente con un certo dibattito interno su come lavorare, che libri di testo adottare, et cetera.

Un anziano –ma oserei dire forse antico– commissario di Filosofia, evidentemente non condividendo il mio sperimentalismo, che si concretizzava nei programmi svolti e nella loro impostazione didattica e culturale, oltre che nella scelta dei libri di testo, un giorno di fine esami, con l’aria e l’intento di svelarmi un importante segreto del mestiere, con fare guardingo fece uscire dalla sua cartella un volumetto sino ad allora tenuto rigorosamente riposto: si trattava del glorioso Lamanna: “unus liber”, voleva evidentemente comunicarmi il collega, in contrapposizione alle mie sconsiderate operazioni didattiche corsare.

Perché tirar fuori questo vecchio aneddoto?

Perché mi pare che con l’istituzione dei Licei targati “Gelmini” il suggerimento un po’ rétro di quel collega oggi in qualche modo costituisca un’analogia con l’operazione avviata dal nostro Ministro con la sua Riforma, esplicitamente nostalgica di una scuola superata dai fatti e dallo spirito dei tempi, in particolare per quanto concerne gli indirizzi liceali, di cui scrivo nelle presenti considerazioni.

Ovviamente non penso che si ritornerà al Lamanna, ma non credo del tutto improbabile la tentazione dell’impiego di un qualche “nuovo” Sommario (magari con qualche coda o appendice testuale per ciascun capitolo del manuale). Mi auguro che, nonostante tutto, ciò non abbia a verificarsi. Sarà opportuna una lettura ragionata dei documenti “Gelmini”, soprattutto per quanto concerne i Licei e l’insegnamento/apprendimento della Filosofia all’interno dei loro quadri orari.

Nel Regolamento dei Licei si stabilisce –cosa che mi sembra assai rilevante- che «i percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro»1.

La Riforma Gelmini della Secondaria di 2° grado non prevede, com’è noto, un biennio unitario come molti avevano auspicato in relazione all’elevamento dell’obbligo scolastico. Il triennio si suddivide in un secondo biennio e in un quinto anno con funzioni marcatamente di orientamento. In tutti gli indirizzi liceali è previsto l’insegnamento della filosofia per 66 o 99 ore annuali (pari a 2 o 3 settimanali), ovviamente con la flessibilità oraria possibile nelle scuole autonome (organico permettendo) e un monte–ore tendenzialmente inferiore a quello dei percorsi del previgente ordinamento indicati nelle tabelle di confluenza nei nuovi percorsi d’istruzione.

Nel Profilo culturale, educativo dei Licei, si afferma la necessità di valorizzare in particolare i seguenti aspetti del lavoro scolastico: «lo studio delle discipline in una prospettiva sistematica, storica e critica; la pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari, l’esercizio di lettura, analisi, traduzione dei testi letterari, filosofici, storici (…); la pratica dell’ argomentazione e del confronto; la cura di una modalità espositiva scritta ed orale corretta, pertinente, efficace e personale; l’uso degli strumenti multimediali a supporto dello studio e della ricerca»2. Il documento successivamente alla «libertà dell’insegnante»3 (ma non si parla nella Costituzione di «libertà d’insegnamento»?) e – cosa a mio parere più grave – non si parla di collegialità nell’insegnamento, esercitata in primis dal consiglio di classe e dagli altri organi collegiali denotando in tal modo una tendenza individualistica nel concepire la funzione docente che già il Ministro Gelmini aveva da tempo evidenziato in riferimento agli altri gradi scolastici. Basta ed avanza per il Ministro il richiamo al Pof, alla «comunità educante»4 cara alla pedagogia cattolica, ed a svariate altre parole d’ordine innocue ed ormai presenti dappertutto come il prezzemolo quando si parla di scuola, come il territorio ed altre espressioni connesse (suppongo senza oneri per lo Stato).

Sintetizzando per i punti che più interessano in rapporto all’insegnamento/apprendimento filosofico, si nota che i «risultati di apprendimento» vanno conseguiti consentendo «di approfondire e sviluppare conoscenze e abilità, maturare competenze nelle aree: metodologica; logico argomentativa; linguistica e comunicativa; storico-umanistica; scientifica , matematica e tecnologica»5 e possono venir delineati principalmente nelle seguenti competenze:

  • «Aver acquisito un metodo di studio autonomo e flessibile, che consenta di condurre ricerche e approfondimenti personali»6
  • «Essere consapevoli della diversità dei metodi utilizzati dai vari ambiti disciplinari ed essere in grado di valutare i criteri di affidabilità dei risultati in essi raggiunti e acquisire la consapevolezza dei nuclei fondamentali»7
  • «Saper compiere le necessarie interconnessioni tra i metodi e i contenuti delle singole discipline»8
  • «Saper sostenere una propria tesi e saper ascoltare e valutare criticamente le argomentazioni altrui»9
  • «Acquisire l’abitudine a ragionare con rigore logico, ad identificare i problemi e ad individuare possibili soluzioni»10
  • «Essere in grado di leggere e interpretare criticamente i contenuti delle diverse forme di comunicazione»11
  • «Padroneggiare pienamente la lingua italiana»12
  • «Conoscere i presupposti culturali e la natura delle istituzioni politiche, giuridiche, sociali, ed economiche, con riferimento particolare all’Italia e all’Europa, e comprendere i diritti e i doveri che caratterizzano l’essere cittadini»13
  • «Conoscere gli aspetti della cultura e della tradizione letteraria, artistica, filosofia, religiosa italiana ed europea attraverso lo studio delle opere, degli autori e delle correnti di pensiero più significativi e acquisire gli strumenti necessari per confrontarli con altre tradizioni e culture fondamentali»14
  • «Collocare il pensiero scientifico, la storia delle sue scoperte e lo sviluppo delle invenzioni tecnologiche nell’ambito più vasto della storia delle idee»15
  • «Essere in grado di utilizzare criticamente strumenti informatici e telematici nelle attvità di studio e di approfondimento»16.

Non si può non notare in negativo in questo “profilo” un certo italo/euro-centrismo che si riscontra qua e là e si evidenzia soprattutto attraverso adeguati riferimenti alla dimensione extraitaliana o extraeuropea e soprattutto per l’assenza di riferimenti inter/multi-culturali in quest’epoca di una globalizzazione che molti vivono sulla propria pelle e che sul piano sia cognitivo che educativo comporterebbe adeguati riferimenti al rispetto ed all’apprezzamento del pluralismo, della diversità, del meticciato culturale.

Per quanto riguarda l’insegnamento specifico della Filosofia17, pare si possa rilevare che nel “profilo”, sopra in parte delineato per i diversi indirizzi liceali, viene –pur brevemente– evidenziato lo specifico, anche per alcuni aspetti che toccano la dimensione filosofica: le problematiche estetiche nel Liceo Artistico; la cultura classica e la dimensione interpretativa della realtà per il Classico; il confronto con le altre culture nel Linguistico; l’emotività e le scienze cognitive nel Musicale e Coreutico; il rapporto tra cultura umanistica e scientifica e tra filosofia, scienza e tecnologia nei due indirizzi dello Scientifico; il riferimento alle scienze umane e sociali, con attenzione rivolta per una delle due varianti ai problemi della formazione, come nel vecchio Istituto Magistrale, nel Liceo delle Scienze Umane.

In quello che –detto senza infingimenti– non è altro che il tradizionale “programma”di Filosofia, sebbene detto “profilo”, esso è unico per tutti gli indirizzi e vi è solo debolmente e cursoriamente fatto cenno a quella “curvatura” sul piano dei modi e dei contenuti che sarebbe auspicabile per ciascun indirizzo liceale.

Dunque poco delineate appaiono le “curvature” dell’insegnamento filosofico in relazione ai diversi indirizzi. Non so se questo sia un bene o un male. Molto dipenderà –e molto dovranno lavorarci sopra- da cosa faranno gli insegnanti, i “didatti” della Filosofia e gli editori, e molto dipenderà dal clima che si svilupperà all’interno delle istituzioni scolastiche in questo periodo di idee vecchie e di vacche magre. Per esempio, in relazione al Liceo delle Scienze Umane (nel primo modello del quale prevale nettamente la Pedagogia) non si riscontra un “filo rosso” che potrebbe in via d’ipotesi collegare la Filosofia, la Pedagogia o anche un approccio integrato di Scienze Umane e Sociali con opportune scelte di temi e autori rilevanti per discipline diverse. A causa di ciò si potrebbe ad esempio verificare un distacco esagerato tra Filosofia e Pedagogia (considerato anche il fatto che in base alle classi di concorso gli insegnanti delle due discipline si presume saranno diversi, con la conseguenza possibile -anzi, “topica”- che di Dewey parlerà l’insegnante di Pedagogia e non quello di Filosofia e magari di Gentile quello di Filosofia e non quello di Pedagogia, o ciascuno affronterà entrambi gli autori per proprio conto senza alcun coordinamento tra le due discipline e i due docenti, e la mano destra non saprà quello che farà la sinistra).

Il testo nel suo complesso è chiaro, “pulito” e attento alla leggibilità; stilisticamente si è posta attenzione all’equilibrio e alla cura un po’ circospetta delle parole, dando un senso di pacatezza e sembrando procedere in maniera quasi scontata, politicamente corretta, ma senza alcun guizzo di originalità.

Prevedibilmente, in coerenza con la politica scolastica -meritocratica ed economicamente eterodiretta dal collega Tremonti- di mamma Maria Stella (così come aveva proposto in precedenza donna Letizia), non c’è l’idea di un insegnamento filosofico per tutti -di una “diffusione democratica della filosofia” come ai tempi del progetto Brocca- ma di una Filosofia patrimonio soltanto della classe dirigente, sulle orme di Giovanni Gentile, anche se in una scuola un po’ meno elitaria di quella pensata dal filosofo neoidealista.

In questo progetto c’è scarsa attenzione alla problematicità del reale e dell’irreale, del possibile e dell’impossibile, dell’esistente e del non esistente. Così del tutto fuori luogo e discutibile mi sembra il richiamo alla «portata universalistica che ogni filosofia possiede», in un tempo in cui più che mai il sapere si è configurato così debole e frammentato e poco plausibili -a mio avviso- appaiono la critica al relativismo e la difesa dell’unità del sapere, su cui la comunità filosofica appare assai disunita e discorde. Il riferimento a un «quadro sistematico» e ai «sistemi di pensiero»18 corrisponde a un’idea della Filosofia e a una Storia della Filosofia che certamente sono esistite ed esistono, ma sono incentrate più sugli esiti assolutizzati di un pensiero universalistico, oggettivante e dogmatico che sulle sue scaturigini problematiche e sulla pluralità di verità relative, parziali e colte in un’ottica pluriprospettica.

Valido è certamente il riferimento al contesto storico-culturale (ma -come si è detto- controbilanciato da affermazioni che appaiono dogmatiche). Non manca il riferimento alla lettura di testi; ma sarebbe stata forse opportuna la previsione di una scelta accessibile di testi non troppo lunghi, leggibili e accessibili.

L’attenzione alla “dimensione esistenziale” della Filosofia mi sembra che possa cogliere nel segno, purché (come alcuni riferimenti agli autori paiono suggerire) tale esistenzialità non sia intesa connessa solo alla dimensione religiosa. L’approccio programmatico appare tradizionalmente storicistico; ritengo invece che sia meglio lavorare contemporaneamente per autori e correnti e per temi/problemi. Nonostante alcuni spunti in direzione diversa, appare complessivamente l’idea di una filosofia troppo poco “ricercante” e forse troppo “conoscente”.

Credo che alcune osservazioni vadano fatte sul piano dei contenuti e dell’organizzazione delle “indicazioni nazionali” per la disciplina di cui sto qui ragionando. A differenza di quanto dovrebbe accadere in un’ottica curricolare, non storicistica e senza la pretesa di completezza (di “fare tutto il programma”), si prefigura un “canone” rigido e obbligatorio di tipo storicistico, in rigida sequenza cronologica. Tra l’altro: avendo il quinto anno un’impostazione legata all’orientamento, non sarebbe opportuno fosse limitato al solo Novecento, anticipando l’Ottocento almeno in parte alla quarta classe? E poi, è proprio necessario mettere in fila l’uno dietro l’altro la sequenza dei “medaglioni” rappresentanti gli auctores tradizionalmente considerati più importanti e imprescindibili nella logica di un vero e proprio “canone”? Per esempio: è assolutamente imprescindibile studiare Hegel (e tutte le “parti” del suo pensiero) come punctum crucis inderogabile nella Storia della Filosofia? Un altro problema: si deve studiare sempre la sequenza di autori e correnti e non piuttosto la sequenza storica dei problemi come si presentano negli autori e nelle correnti: la storia del problema religioso, del problema politico, del problema etico, epistemologico e della conoscenza, et cetera? E ancora: non sarebbe possibile, con la competenza di un docente preparato, trattare della Filosofia orientale, oltre che di quella occidentale, pensando anche ai rapporti tra le due, dai gimnosofisti con i filosofi greci classici, a Schopenhauer e Nietzsche?

A maggior ragione questo varrebbe se si ipotizza una “portata universalistica della filosofia”. Il riferimento obbligatorio a Hegel e ad altri autori fa pensare che si rischi di ritornare al vecchio metodo dei “medaglioni” e a un “canone filosofico consolidato” (o “da consolidare”), dando meno spazio ai problemi che agli autori.

In un programma che sembra tendere alla completezza, la Sofistica dovrebbe avere un suo posto di rilevo insieme a Socrate, Platone e Aristotele, perché non scindibile da Socrate e perché rappresenta nella Filosofia antica un filone di pensiero “laico-relativistico-critico” (in cui inserirei Epicureismo e Scetticismo), che anche nel Medio Evo e nel Rinascimento si prolunga in un filone “laico” (Averroismo, Neoaverroismo, Neoepicureismo) su una linea ideale sino all’Illuminismo scettico- problematicista di David Hume. Attribuirei il debito spazio al Cristianesimo dei primi secoli, non solo ad Agostino.

Per quanto concerne la metodologia didattica, mi sembra dovrebbe essere esplicitato che l’analisi testuale deve essere resa accessibile agli allievi. Ciò comporta che si utilizzino percorsi leggibili in relazione alla classe frequentata e all’età degli alunni, eventualmente ricorrendo a delle semplificazioni, condensazioni o riduzioni dei testi, dei quali si dovrebbe trovare una gradualità nell’affrontare le loro difficoltà. Così trovo didatticamente assurdo che all’inizio dello studio della Filosofia si facciano leggere testi dei Presocratici (accoppiati in posizione marginale con i Sofisti), la cui interpretazione è problematica per gli stessi studiosi e difficile e demotivante rispetto alla disciplina per gli studenti che la avvicinano per la prima volta.

Il discorso va approfondito certamente. Conto di farlo nei prossimi numeri di questa rivista.

Note

1 Miur, Regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei, ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n.112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.133”, art.2, p.4, in www.indire.it/lu cabas/lkmw_file/licei2010///Regolamento.pdf

2 Miur, Il profilo culturale, educativo e professionale dei Licei (allegato A), p.1, in www.indire .it/lucabas/lkmw_file/licei2010///Profilo.pdf

3 Ivi, p.1

4 Ibidem

5 Ibidem

6 Ibidem

7 Ibidem

8 Ibidem

9 Ibidem

10 Ibidem

11 Ibidem

12 Ibidem

13 Ibidem

14 Ivi, p.3

15 Ivi, p.4

16 Ivi, p.4

17 Cfr. Schema di regolamento recante ”Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui all’art. 10, comma 3, del d.P.R 15 marzo 2010, n. …… in relazione all’articolo 2, commi 1 e 3del medesimo d.P.R.”. Le Indicazioni per la Filosofia sono riportate senza variazioni per ciascun indirizzo liceale delineato da tale schema, in www.indire.it /lucabas/lkmw_ filelicei2010///decreto_Indicazioni_nazionali%20_26_05.p.d,f.

18 Ivi, pp. dedicate alla Filosofia per ciascun indirizzo liceale.

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