La Rete Sicurascuola e la MNR

Di: Maria Teresa Vacatello
3 Aprile 2021

Sono venticinque le scuole che fanno parte della Rete Sicurascuola che è stata creata formalmente nel 2008. Insieme, esse condividono un Manifesto di intenti che è un vero e proprio decalogo ma con un’unica finalità: puntare a una scuola del benessere in cui la dialogicità e una politica centrata sull’alunno – reso protagonista attivo del suo apprendimento – costituiscano la base di un’etica della responsabilità. Un’etica che, valorizzando le competenze, promuova una coscienza democratica e spinga all’impegno, alla collaborazione e alla costruzione di un tessuto di attiva solidarietà tra i vari soggetti coinvolti nell’ambiente sociale in direzione della sicurezza, avvertita come cura della persona e del rispetto reciproco. È questo il denominatore comune a tutte le scuole della Rete e, per tal motivo, esse operano insieme nella ricerca-azione delle buone pratiche. In che modo? Proprio attraverso una buona pratica: la MNR, la Metodologia della Narrazione e della Riflessione, una procedura dialogica che intende porre l’accento sulla prevenzione dell’antisocialità come promozione della prosocialità.
La MNR è stata messa a punto nel 2004 dai cinque ideatori che avevano iniziato un percorso comune a livello europeo con un progetto indirizzato al benessere scolastico. Con l’Associazione di promozione sociale Il Moltiplicatore, molti docenti genovesi hanno cominciato a diffondere la MNR nel territorio ligure. L’effetto Moltiplicatore ha avuto successo e ben presto moltissimi docenti sono stati formati per divenire facilitatori MNR. Nel 2014, dopo una ricerca condotta nel 2011 su 87 scuole del territorio ligure dall’équipe del Prof. Claudio Baraldi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, la MNR ha ricevuto la sua validazione scientifica1.
Ma di che cosa si tratta? Innanzitutto, la MNR è una metodologia dialogica che riorganizza l’aula, nella disposizione degli arredi, creando un nuovo ambiente di apprendimento in cui persino la relazione con il docente – formato a divenire facilitatore dialogico – è ricostruita. Il dialogo infatti avviene attraverso il proprio insegnante che, coadiuvato da un osservatore (anch’egli docente), rende possibile un’equa distribuzione della partecipazione degli allievi. Nel dialogo non c’è una centralizzazione dell’autorità epistemica che è invece distribuita tra tutti i partecipanti; ognuno di loro in tal modo contribuisce al raggiungimento di una epistéme condivisa perché ognuno è portatore di pre-conoscenze che, attraverso l’ascolto dell’altro e la messa in discussione, possono essere socializzate, promosse, innovate o anche modificate.  È un vero e proprio focus group ma adattato ai presupposti e alle finalità della MNR. La metodologia è scandita da diversi momenti: una presentazione della sessione che si sta per svolgere e tre fasi attive. Nella presentazione, il facilitatore spiega che distribuirà tra tutti i partecipanti delle schede di Narrazione in cui è riportata una brevissima riflessione (può anche essere scritta sotto forma di dialogo) di uno studente -indicato con uno pseudonimo- che ha partecipato a precedenti focus group tipo MNR. La prima vera fase MNR è la lettura della scheda, dunque, a cui ogni alunno potrà dedicare 5 minuti. La seconda fase ha avvio con la scheda di Riflessione in cui vengono proposte delle domande che riguardano il testo-stimolo presente nella scheda di narrazione. La classe viene divisa in gruppi spontanei e ognuno di essi sarà individuato con un numero. Il gruppo può essere formato da un massimo di 5 alunni che insieme dovranno raggiungere una risposta condivisa per ogni domanda proposta. Nel caso in cui non si trovasse un accordo, il gruppo dovrà registrare per iscritto anche la risposta differente. Questa seconda fase dura 30 minuti, alla fine dei quali ha avvio il terzo momento: quello dialogico vero e proprio che nella MNR viene denominato fase della plenaria. Il facilitatore e l’osservatore siederanno in due banchi come quelli degli alunni, i quali però saranno disposti a emiciclo di fronte a loro. Il dialogo è attivato con la richiesta, da parte del facilitatore ai referenti di ogni gruppo, di rispondere alle domande della scheda di riflessione, in questo modo il confronto aperto ha inizio. Il facilitatore promuoverà la singola partecipazione con azioni di sostegno (riformulazioni, eco, marcatori, segnali minimi, etc) e cercherà di amplificare il dialogo con domande aperte o incoraggiando ogni partecipante con domande chiuse per confermare un turno comunicativo o anche per espandere l’intervento del singolo. Sono evitate tutte quelle domande che possono indirizzare la riflessione o rafforzare l’autorità epistemica del docente o ridurre quella degli studenti.
Può anche accadere che si inneschino situazioni conflittuali, ma il facilitatore sarà però preparato ad affrontarle poiché formato anche per mediare i conflitti. Egli stesso deciderà se il gruppo è maturo per sfruttare il carattere euristico del conflitto – in tal caso medierà, anche proponendo una nuova narrazione per evitare lo stallo comunicativo – o se è bene eludere lo scontro verbale poiché il gruppo non è ancora dialogicamente in grado di affrontarlo. L’ultima fase è quella della restituzione. Siamo ancora all’interno di una co-costruzione di significati e dunque del dialogo a cui, in plenaria, sono stati dedicati 50 minuti. Il facilitatore offre una possibile visione di quanto avvenuto durante la plenaria ma non in forma conclusiva: la restituzione, infatti, è una sorta di riformulazione che viene proposta al gruppo per consentirgli di far emergere i significati suggeriti da ciascun partecipante e di prenderne coscienza. A quest’ultima fase sono dedicati 10 minuti. È anche il momento in cui il facilitatore si congeda ringraziando per i singoli contributi. L’osservatore gli è stato accanto per tutta la durata della sessione. Di solito, egli interviene soltanto nella fase della restituzione. Durante gli altri momenti, ha il compito di osservare il verbale, il non verbale e il paraverbale con un ascolto estremamente attento e significativo. Non è semplicemente una raccolta di informazioni ma un tentativo di prima decodifica delle interazioni avvenute che saranno poi analizzate in seguito quando il focus verrà sbobinato e analizzato. Il contributo dell’osservatore è importante anche per l’aiuto nella gestione dei vari momenti del focus. Durante la plenaria, per esempio, indica al facilitatore i turni di comunicazione di cui non si è accorto o situazioni che gli sfuggono a causa dell’attenzione posta sul dialogo e dell’impegno a evitare una deriva dialogica in altre forme comunicative non significative tra cui la peggiore sarebbe la mera chiacchiera.
Questa è la MNR, ma non si tratta soltanto di una procedura dialogica per prevenire o combattere il bullismo o il cyberbullismo o altre forme antisociali. La sua finalità principale è senza dubbio quella di incentivare le azioni prosociali, ma i docenti formati in MNR sanno che essa è anche un atteggiamento. Chi fa MNR non può più rimanere ancorato a un vecchio modo di agire didattico in cui l’ambiente di apprendimento è organizzato rigidamente sulla base di un denominatore inemendabile che fa del silenzio la sua virtù massima e dell’apprendimento passivo l’unica formula per imparare2. Il docente MNR agisce con una modalità comunicativa nuova e sa che, anche soltanto sfruttando le stesse risorse strutturali presenti, è possibile sempre innovare lo spazio educativo e renderlo più fertile all’ascolto attraverso una partecipazione attiva. Non è un depositario della sapienza e non è un inquisitore, ma un maestro sempre pronto a mettersi in discussione e convinto assertore di una politica centrata sulla persona. In qualità di maestro deve innescare il desiderio della conoscenza nei suoi discenti. Anche il professore della scuola secondaria di primo o di secondo grado è maestro, nel suo significato etimologico, quando agisce con l’atteggiamento della MNR.
Questa è la scuola che vogliamo. Questa è la scuola a cui auspichiamo. Questa è la scuola per la quale lavoriamo. Questa è la scuola a cui mira la Rete Sicurascuola.

 

Note

1 Cfr. C. Baraldi, Facilitare la comunicazione in classe. Suggerimenti dalla Metodologia della Narrazione e della Riflessione, FrancoAngeli, Milano 2014.

2 Sulla comunicazione nella MNR e sulla modalità di formazione nella metodologia si veda anche G. Randazzo, Metodologia della Narrazione e della Riflessione Storia, Metodi e strumenti, Erga Edizioni, Genova 2020.

 

PDF dell’articolo

Categoria: Temi (II) | RSS 2.0 Commenti e pingback sono attualmente chiusi.

Nessun commento

I commenti sono chiusi.

Accedi | Gestione | Alberto Giovanni Biuso e Giusy Randazzo © 2010-2024 - Periodico - Reg. Trib. Milano n. 378 del 23/06/2010 - ISSN 2038-4386 -

Free hit counters