Debate: una metodologia didattica da inserire nel curricolo

Di: Silvia Borghini
3 Aprile 2021

 

Il Debate è una discussione formale e strutturata. Esistono diversi format che condividono però la stessa struttura di base. Si tratta di uno scontro tra due posizioni opposte sostenute da due o più squadre che tentano di persuadere una giuria della preferibilità del proprio punto di vista. È caratterizzato da regole precise che ad esempio definiscono i tempi dei discorsi, la successione degli interventi, la possibilità di interrompere l’oratore in tempi e modi codificati1
Il dibattito ha una storia millenaria nella vita politica della civiltà occidentale, ma ha radici altrettanto antiche anche come metodologia didattica. Già nel IV secolo a.C. Aristotele riporta nei Topici le caratteristiche degli incontri dialettici, diversi dagli scontri politici; nel Medioevo la disputatio si configura parte del curriculum universitario di svariate discipline; infine nell’ultimo ventennio del XIX secolo iniziano negli Stati Uniti le competizioni interscolastiche e le gare tra università. Nell’insegnamento anglosassone, il Debate ha assunto un ruolo fondamentale tale da divenire in breve tempo materia curricolare con ore e docenti dedicati. Oggi, nel mondo, le scuole che praticano il dibattito sono migliaia, centinaia le società di dibattito e numerose le reti di scuole e i tornei internazionali tra studenti.2
Nel nostro paese il MIUR ha avviato nel 2017 il progetto Debate Italia3 che prevedeva la diffusione di tale pratica nelle scuole e la realizzazione delle Olimpiadi nazionali secondo il format chiamato World School Debate4.  Quattro anni prima, era già stata fondata la rete nazionale WeDebate che conta oggi più di 150 istituti e continua la sua opera di diffusione grazie a una capillare e variegata offerta formativa5. Nonostante la tradizione oratoria della nostra storia, in Italia il Debate si configura come innovazione didattica e rientra nel movimento “Avanguardie Educative” afferente ad INDIRE6.
L’approccio al Debate per la partecipazione alle Olimpiadi e ai tornei in lingua italiana e inglese viene generalmente accolto dalle nostre scuole come progetto extracurricolare per la valorizzazione del merito e delle eccellenze. Nondimeno, le potenzialità del Debate nell’integrazione curricolare meritano secondo me una adeguata riflessione.
L’elemento chiave è l’argomentazione, caratteristica che distingue questa pratica dialogica da altri scambi come la conversazione, la discussione o la loro degenerazione, la lite. La sfida verbale parte dalla mozione che pone in campo una problematizzazione su un tema specifico, con formule variabili a seconda del tipo di mozione stessa (di fatto, valore o piani d’azione). Alla squadra PRO è conferito l’onere di sostenere la tesi insita nella mozione, mentre alla squadra CONTRO quello di rigettarla. Il primo grande valore didattico del Debate risiede nel fatto che le due posizioni non sono scelte in base alle proprie opinioni ma a sorte. Risulta quindi necessario approfondire il tema da ogni punto di vista e prepararsi a sostenere entrambe le posizioni secondo uno schema argomentativo ben definito, che esordisce con un’affermazione sostenuta da un lungo ragionamento corroborato con adeguati dati ed esempi. Il Debate dunque mette gli studenti al centro del loro percorso di apprendimento, li riveste della responsabilità di costruire i ragionamenti e di rinforzarli con un adeguato numero di dati ottenuti a partire da criteri rigorosi di ricerca per approdare alla selezione dei documenti da citare solo dopo un’adeguata analisi dell’attendibilità delle fonti7. Favorisce inoltre il lavoro di gruppo, il cooperative learning, la peer education ed il problem solving. Promuove altresì lo sviluppo del pensiero critico, il rispetto delle opinioni altrui anche se opposte alle proprie, la gestione delle emozioni quando si parla in pubblico. Per queste sue caratteristiche, il Debate si presta ad essere attivamente inserito nei percorsi di educazione civica recentemente introdotti nella scuola italiana8 ma anche ad essere selezionato quale prova autentica delle unità didattiche di apprendimento, siano esse multidisciplinari o meno. Inoltre, il Debate è, a mio parere, uno degli strumenti più potenti della Scuola per fare fronte al fenomeno dell’analfabetismo funzionale.
L’indagine PISA (Programme for International Student Assessment) promossa da OCSE e svolta ogni tre anni con l’obiettivo di rilevare le competenze degli studenti di 15 anni in Lettura, Matematica e Scienze, ha dimostrato nell’ultima rilevazione del 2018 che le competenze scientifiche e di lettura degli studenti italiani continuano a peggiorare ed in particolare per quanto riguarda le scienze, il risultato medio è significativamente inferiore alla media ottenuta dai paesi che hanno partecipato all’indagine9. Una percentuale dunque rilevante di studenti di 15 anni non capisce adeguatamente ciò che legge. Questo dato si conferma anche negli studi sugli adulti condotti dallo stesso osservatorio nell’indagine PIAAC (Programme for the International Assessment of the Adult Competencies) che riguarda individui tra i 16 e 64 anni10.
L’integrazione del Debate nel curricolo scolastico è a mio parere una delle risposte più significative per combattere questa tendenza. L’abitudine alla lettura di documenti, che possono essere inizialmente forniti dai docenti, specialmente nel caso di alcuni testi riassuntivi iniziali per acclimatarsi al tema, per poi via via essere sostituiti da ricerche autonome man mano che il Debate diventa pratica consolidata in classe, è il primo passo per imparare a decodificare gli stessi. Alla lettura dei testi infatti segue sempre una discussione in forma di brainstorming di classe o di gruppo. Il docente nel Debate perde ogni ruolo trasmissivo per vestire i panni del coach e cercare quindi di limitare l’intervento nella fase documentale ed organizzativa della strategia, per puntare l’attenzione su ciò che non funziona, sulle debolezze, su eventuali fallacie di ragionamento che vanno restituite alla squadra per essere autonomamente superate. Dal confronto continuo si impara a capire ciò che si legge, a decodificare, ad associare il giusto significato alle parole. Quando si intende integrare il Debate nel curricolo, bisogna ricordare che la controversia è l’elemento fondamentale di questa metodologia. Il docente che propone la mozione ha l’onere di scegliere adeguatamente. Laddove le evidenze scientifiche sono schiaccianti non si può proporre un Debate alla classe. Ad esempio, nonostante l’esistenza della «Flat Earth Society» che fa proseliti anche in Italia, non sarà possibile proporre una mozione del tipo «questa assemblea sostiene che la Terra sia piatta». Potrebbe però essere un utile esercizio di confutazione chiedere alla classe di rispondere con argomenti ed evidenze scientifiche a un ipotetico amico terrapiattista. Nello studio delle discipline, il Debate non può essere svilito alla semplice trasmissione di conoscenze, ma deve risvegliare negli studenti il desiderio di ricercare e trovare fatti a sostegno di due posizioni con simile dignità. Le squadre contrapposte devono sentirsi forti dei propri argomenti soprattutto quando viene chiesto loro di sostenere una mozione nella quale fondamentalmente non credono. Questo è il punto cruciale che desta talora dubbi e perplessità tra gli insegnanti. Perché chiedere agli studenti di non esprimere liberamente le proprie idee ma adeguarsi a sostenere ciò che la sorte attribuisce loro? Proprio in questo nodo è situato, a mio parere, il valore di questa metodologia come diversa ed efficace modalità di apprendimento. È nella ricerca dei punti deboli delle proprie convinzioni che si impara a costruirsi una vera opinione, a non sostenere una posizione per adeguarsi a un sentito familiare o ancora peggio per adesione acritica al pensiero di maggioranza in quel momento, ambiente o società. Il pregiudizio è naturalmente parte del nostro processo di conoscenza, è esso stesso conoscenza pregressa che influenza la nostra percezione11. Molto interessante a riguardo il lavoro condotto dalla psicologa americana Jennifer Eberhardt e collaboratori che dimostra come il pregiudizio razziale inconscio giochi un ruolo nella distribuzione degli investimenti degli asset allocator che gestiscono il denaro per governi, università, enti di beneficenza, fondazioni e aziende. Questo pregiudizio potrebbe contribuire a forti disparità razziali negli investimenti istituzionali ed in generale determinare disparità razziali sistemiche nel modo in cui gli investitori valutano i fondi e assegnano i soldi12.
L’identificazione del pregiudizio è ottimo punto di partenza per lo sviluppo dello spirito critico. Il Debate è quindi uno strumento ideale in questo senso, vera e propria palestra di allenamento al ragionamento, perché richiede per ogni motivazione PRO o CONTRO anche la ricerca di tutte le sue possibili confutazioni.
Allo stesso modo, credo sia un importante stimolo a quella curiosità che molti docenti lamentano di non trovare più nei propri discenti. Questo perché il Debate è anche un gioco competitivo e appassionante, che oso paragonare a un gioco di ruolo in cui al posto dei dadi sono le parole della squadra avversaria a inserire gli elementi casuali, a sorpresa. Chiaramente più gli studenti esercitano la loro curiosità, ricercando e analizzando la questione, studiando il tema e approfondendo le possibili soluzioni al problema, meno saranno gli elementi davvero a sorpresa sfoderati dai propri avversari.
Infine, credo non trascurabile il dato riportato da Akerman e Nale nel 2011: un’indagine condotta dal CfBT Education e da ESU (English-Speaking Union) nelle scuole delle grandi aree urbane americane, mostra che la partecipazione ai tornei e l’appartenenza a club di dibattito porta la motivazione allo studio tra gli studenti ad aumentare del 25%, percentuale che sale addirittura al 70% se si limita il campione alla popolazione studentesca maschile afro-americana. Questo dato è particolarmente interessante nel nostro Paese che dal rapporto ISTAT Sdgs 2019 risulta agli ultimi posti in Europa per numero di laureati e tasso di abbandono scolastico, con il 14,5% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni che nel 2018 ha lasciato gli studi avendo ottenuto la sola licenza media14.

Voglio concludere con una riflessione sull’effetto che il Debate ha sul docente che decide di applicarlo in classe.
Il giudice perfetto è un attento ascoltatore, imparziale ed obiettivo e fa di ogni incontro un episodio costruttivo nel percorso di crescita degli studenti. Ma che cosa valuta? Mai gli studenti stessi quanto piuttosto la loro performance, in termini di contenuti, stile e strategia. È naturale pensare che il giudice perfetto ha le stesse caratteristiche del docente che ognuno di noi ha sognato, del vero Maestro. Al termine di ogni incontro di dibattito, il giudice è chiamato a dare una restituzione agli studenti. Questa deve essere innanzitutto una carrellata dei punti di forza della squadra e dei singoli componenti di essa. In questo modo gli studenti si adagiano naturalmente su una forte impalcatura emotiva che li rende ben disposti anche all’ascolto dei punti di debolezza, cioè di ciò che va migliorato. Nuovamente viene naturale pensare che questo è ciò che il docente dovrebbe fare per ogni verifica orale e scritta. La valutazione deve riferirsi alla performance e indicare non solo ciò che si deve migliorare ma anche ciò che è stato fatto bene, deve avere l’effetto di spingere gli studenti a focalizzarsi sull’apprendimento prima che sulla prestazione15. Se nella pratica didattica quotidiana tendiamo a dimenticarlo, subissati di scadenze e scartoffie burocratiche, applicare il Debate ci obbliga a esercitare questa capacità finché non diventa parte del nostro quotidiano comportamento professionale. Applicare questa metodologia alle discipline curricolari aiuta ad effettuare una valutazione non sommativa, cioè mero rilevamento del livello di conoscenze, abilità e competenze raggiunto, ma piuttosto formativa perché si compie in itinere e aiuta il docente a capire come gli alunni recepiscono le nuove conoscenze. Questo permette di adeguare e rinnovare la propria attività didattica secondo le esigenze degli studenti che si hanno in classe. È sorprendente notare come la stessa mozione proposta a classi diverse possa portare a dibattiti molto dissimili.
Esercitare il ruolo del giudice insegna inoltre ad ascoltare. Come gli studenti impegnati nell’incontro, il giudice prende appunti, segna asserzioni ed esempi utilizzati, incrocia argomentazioni e confutazioni e per fare questo non deve mai perdere lucidità o calare anche di poco l’attenzione.
In conclusione, applicare il Debate al curricolo permette non solo agli studenti ma anche al docente di apprendere attivamente. Il rapporto educativo si rafforza: conduce gli studenti a riflettere autonomamente e criticamente sulla propria preparazione e i docenti a tornare ad essere Maestri.

 

Note e bibliografia

  1. M. De Conti, «Dibattere a scuola: scegliere il proprio percorso educativo», in Studi Sulla Formazione/Open Journal of Education, 16(1), pp. 111-120, 2013
  2. De Conti e M. Giangrande, Debate a scuola: un legame antico, Pearson, Torino 2018, https://it.pearson.com/aree-disciplinari/italiano/rubriche/debate-metodo-didattico/nuovo-corso-puntate-Debate.html (ultima visita 09.03.2021).
  3. M. 851/2017 art. 14.
  4. Sanchez, Il Debate nelle scuole, Pearson, Torino 2018.
  5. https://www.debateitalia.it/pagine/wedebate (ultima visita 09.03.2021).
  6. http://innovazione.indire.it/avanguardieeducative (ultima visita 09.03.2021).
  7. Per un compendio sull’applicazione del Debate nelle scuole oggi: M. Giangrande e M. De Conti, Debate Pratica, Teoria e Pedagogia, Pearson, Torino 2018.
  8. 3 della L. N. 92 del 20 agosto 2019.
  9. https://www.oecd.org/pisa/publications/PISA2018_CN_ITA_IT.pdf (ultima visita 09.03.2021).
  10. http://www.oecd.org/skills/piaac/publicdataandanalysis/ (ultima visita 09.03.2021).
  11. G. Randazzo. Metodologia della Narrazione e della Riflessione Storia, Metodi e strumenti, Erga Edizioni, Genova 2020, pp 18-20.
  12. S. Lyons-Padilla et al, «Race influences professional investors’ financial judgments» in PNAS, 116(35), 2019, pp.17225–17230
  13. Akerman, R. e I. Neale, Debating the evidence: an international review of current situation and perceptions. Research report, CfBT Education Trust., 2011, (ultima visita 09.03.20219).
  14. Rapporto Sdgs 2019. Informazioni statistiche per l’agenda 2030 in Italia, ISTAT, 17 aprile 2019.
  15. J.V. Shute, «Focus on Formative Feedback», in Review of Educational Research, 78, 2008, pp. 153-89.


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