Interpretazioni
Da questo numero Vita pensata inizia una collaborazione più costante con l’Università di Catania e in particolare con il suo Dipartimento di Scienze Umanistiche. Presentiamo infatti le quattro relazioni svolte in quell’Ateneo nello scorso febbraio nell’ambito del Dottorato di ricerca in Scienze dell’interpretazione. Di interpretazione è fatto il mondo e non soltanto la poesia, il narrare, il pensare. Siamo dispositivi semantici per i quali ogni parola apre un mondo, chiude angosce e sicurezze, consola dal dolore, afferra di inquietudine. «La vraie vie, la vie enfin découverte et éclaircie, la seule vie par conséquent pleinement vécue, c’est la littérature»1. I saggi, le analisi, le recensioni che appaiono in questo numero della nostra rivista vorrebbero costituire un’ulteriore, culturalmente appassionata e scientificamente adeguata, conferma della verità delle parole con le quali Marcel Proust inizia e invera quell’Adoration perpétuelle che compie e chiude il suo romanzo nella jouissance, nella gioia.
Vita pensata rimane comunque una rivista di filosofia aperta alla collaborazione di ogni studioso -giovane o esperto- che, in linea con la nostra volontà di un pensiero pensato intenzionalmente rivolto al reale in tutta la sua prospetticità, voglia contribuire a questa ricerca feconda, pur sempre -e per grazia- perennemente inibita nella meta. Il domandare, in filosofia, ha la preminenza sul rispondere: è il modo in cui interroghiamo la Lebenswelt, il mondo-della-vita come «regno di evidenze originarie»2.
In un’epoca in cui la «frenesia della tecnica» ha preso il sopravvento sulla vita stessa – divenendo da mezzo scopo – «il domandare lavora a costruire una via» che eviti il rassegnarsi o il fuggire o la neutralità.
«Quanto più ci avviciniamo al pericolo, tanto più chiaramente cominciano a illuminarsi le vie verso ciò che salva, e tanto più noi domandiamo. Perché il domandare è la pietà (Frömmigkeit) del pensiero»3.
Oggi, dunque, più che mai è necessario porsi il problema della domanda, persino sotto forma di intervista, come un interrogare che custodisce nel linguaggio dell’intervistato un disvelamento non patinato che non ha a che fare col rispondere ma con il vero che lo abita, che non urla, ma che semplicemente si dà.
Il filosofare come un modo del domandare dovrebbe riguardare tutti, ma così non è perché la filosofia rimane circoscritta a un ambito che richiede la fatica del concetto e la meraviglia di una tal fatica. Eppure essa penetra la vita ed è essa stessa vita a cui nessuno può sottrarsi in quanto vita pensata.
«Se si deve filosofare, si deve filosofare e se non si deve filosofare, si deve filosofare; in ogni caso dunque si deve filosofare. Se infatti la filosofia esiste, siamo certamente tenuti a filosofare, dal momento che essa esiste; se invece non esiste, anche in questo caso siamo tenuti a cercare come mai la filosofia non esiste, e cercando facciamo filosofia, dal momento che la ricerca è la causa e l’origine della filosofia»4.
Note
1 Le temps retrouvé in À la recherche du temps perdu, Gallimard, Paris 1999, p. 2284;“La vita vera, la vita finalmente scoperta e tratta alla luce, la sola vita quindi realmente vissuta, è la letteratura”, trad. di G. Caproni.
2 E. Husserl, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und transzendentale Phänomenologie, in Husserliana, Band VI, hrsg. von W. Biemel, Martinus Nijhoff, Den Haag 1954, trad. it. a cura di E. Paci, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il Saggiatore, Milano 1961, p. 156.
3 M. Heidegger, «La questione della tecnica», in Saggi e discorsi (Vorträge und Aufsätze), a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976,p. 5 e p. 27
4Aristotele, «Protrettico», fr. 424, in Opere, a cura di G. Giannantoni, Roma-Bari, Laterza 1973.
Nessun commento