Otto poesie
Forme di vita
Forme di vita
sono i miei dubbi
come queste piantine
senza radici
che vivono d’aria e di smog.
Sono i piccoli tritoni
dei laghi alpini
accostati ai sassi
e i guizzi improvvisi
nell’austera maestà
delle montagne a corona.
Sono le scelte possibili
per dare parola
ai dubbi
come alle rinunce
sopravvenute in silenzio.
Sono gli esotici frutti,
gli strani semini e le erbe selvatiche
che nelle mani
antiche e svelte
di Libereso Guglielmi
divengono beni comuni.
Sono i suoi passi
lenti e sicuri
nel giardino
di Baragallo
intrisa di cemento
e i segni che fa
camminando
per dirci in terra
di noi e di altro.
San Bernardo di Conio
Apre alla valle il crinale
e curvo accompagna
ad una superiore radura
il pensiero
d’un moto improvviso e solitario.
Nel vuoto si arrischiano
le felci e
ondeggiano come ciglia.
Sono i nembi di un solo sguardo,
di tutte le voci
mute,
dell’unico abbraccio
che al colle risale.
Il volto
Guardo questa maschera nuda:
la morte sa ricomporsi da sola
immemore di mille sventure,
persino dell’ultimo istante,
e ancor capace di un segno,
sudario di un’altra parola,
l’ultima che tu pronunci,
quella con cui interamente
ti esprimi
(dice Feuerbach),
originaria ostensione,
intaglio radice, aura muta.
Settembre
Oggi il mare
è argento vivo
e amico.
Seguitano le vele bianche
a danzare al largo,
ma a me basta
sentire della brezza il garbo
scarno e lieve,
lo sbuffo salino
annunciarsi
al solo bisogno d’una sosta.
Non è indicibile
la secca verità
ma indecidibile la prova
se non fa mistero
la parola
del suo limite grandioso
di trasognata nudità.
“In queste cose”
– dice Wang Wei –
“sta il senso del vero
a parlarne, la voce vien meno”.
Auschwitz-Birkenau
I pensieri si estinguono
nell’illusione smisurata
di un attimo
colto da due caprioli.
Svaniscono
nella brughiera
già che nella luce del giorno
ci hanno fissati
sprofondati
nella neve di Auschwitz-Birkenau
al cospetto delle tre tombe simboliche.
Passeggiata al Granatello
La scia arancio sfuma
e da nessun luogo
nei vetri il mio volto
si rivolge.
La scia sfuma
e dal treno appena desto
il giorno
va sospeso
mi scivola di fianco
ignoto serpente familiare
quando rivedo la stazione
e il fico che s’inerpica.
S’annega il cormorano
nel lago del Granatello
ospite di rari pesci
di tuffi fondi
segreti e opachi.
Sbianca Capri
di foschia
spreco di luce e fasti
strabico taglio lento
curva indifferente
al Vulcano
d’un mercantile
che su Napoli fa rotta.
Alle Mortelle ritrovo
la mia icona
d’Irlanda
rado prato in fiore
conca ghirlanda
del mio cuore
messo a nudo
e la scogliera di lava
guardata a vista
dalla torretta.
Calpesto la rena
che sfarina
tavola immota
brulicante
come l’indugiare di questo mattino
tra un rimbrotto del mare
e spume di fuga.
L’Italia dall’aereo
L’ala sopra le nuvole
ne incide la coltre
e addita la linea nuda
della penisola
la ferita
d’un Paese stretto nei suoi dilemmi
lasciati al mare
mentre l’aeroplano
già si torce
e cala su Napoli.
Le meduse blu
S’infiltrano nella risacca
mosse da un ordine vuoto.
Aliene, piccole meduse morte.
Fantasiosi anelli caduti da Marte,
barchette di Sant’Antonio
di un esercito elettrico e blu
a fine processione.
Cosmici batteri
risucchiati
in un fluido attacco
nell’universo che qui, alla Galeazza
amata al plenilunio
da Angiolo Silvio Novaro,
in questo crudele ondeggiare
su una peluria di alghe,
in un istante trapassa
e sprofonda lo sguardo
alla sconfinata ferita,
la fistola inattesa che s’apre
nel raggio
di un solo orizzonte.
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