Le mani dei barbari sulle edizioni nazionali

Di: Dario Generali
1 Aprile 2023

 

L’istituto delle edizioni nazionali venne promosso, con finanziamenti pubblici, a fine Ottocento, dall’appena costituitosi Stato Unitario Italiano ed è durato per più di un secolo, sino ai giorni nostri, con il compito di valorizzare il patrimonio di pensiero e di arte comune alla tradizione culturale della nostra nazione. Tale obiettivo è perseguito pubblicando in edizione critica le opere dei principali autori italiani, sia per mettere a disposizione degli studiosi i loro testi in versioni filologicamente accertate, sia per garantirne una vulgata accessibile a tutti.
Il valore civile e sociale delle edizioni nazionali è notevolissimo, perché, pur esprimendo la sintesi dei livelli più avanzati degli studi su un autore e, quindi, fornendo contributi storiografici rigorosi e di alta qualità specialistica, rappresentano nel contempo la vulgata editoriale dei principali protagonisti della nostra tradizione, capace di diventare un riferimento condivisibile da tutti e di rappresentare la base delle stesse antologizzazioni scolastiche, diventando quindi uno strumento di divulgazione tanto affidabile quanto largo.
Nel 2010, a seguito dei tagli operati dalla manovra finanziaria agli stanziamenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali a enti, istituti, fondazioni e altri organismi culturali, tutte le edizioni nazionali del paese, almeno per quanto è a mia conoscenza, sono rimaste prive di ogni contributo per diversi anni, e quindi nell’impossibilità di svolgere, come stavano facendo dagli anni Settanta dell’Ottocento, la propria fondamentale azione di tutela e di divulgazione del patrimonio culturale e scientifico della nostra tradizione nazionale.
Dopo qualche anno riprese qualche debole sovvenzione, ma con cifre largamente decurtate rispetto a quelle precedenti al taglio dei finanziamenti e tali da consentire solo la copertura delle spese di funzionamento e certamente non in grado di mantenere le programmazioni precedenti dei lavori.
Purtroppo, però, come l’esperienza di tutti noi ci ha insegnato, non vi è mai un limite al peggio.
La Circolare n. 103 del 27 settembre 2017 del Ministero dei Beni e delle Attività culturali, fra le altre cose, introdusse (art. 5), a partire da quell’anno, per le edizioni nazionali, il limite di durata di cinque anni, prorogabile al massimo a otto anni complessivi. Limite, ribadito, unitamente ad altre restrizioni, anche dalle successive circolari ministeriali della “Direzione Generale Educazione Ricerca e Istituti Culturali” n. 6 del 25 febbraio 2021 (art. 8) e n. 5 del 28 febbraio 2022 (art.8). La circolare non venne pubblicizzata presso i presidenti delle edizioni nazionali, che ne presero atto, con tutte le sue devastanti conseguenze per la sopravvivenza delle iniziative che dirigevano, nel 2021, quando venne richiesta, per l’usuale rendicontazione annuale finanziaria e scientifica, invece della solita documentazione cartacea, la compilazione di un format elettronico, che obbligava, pena l’impossibilità della sua chiusura, la richiesta di continuazione della propria iniziativa editoriale per un massimo di tre anni. Immediatamente chi scrive, in rappresentanza dell’Edizione Nazionale vallisneriana, e Fabio Marri, presidente dell’Edizione Nazionale del Carteggio di Lodovico Antonio Muratori, indirizzarono due lettere ai responsabili della Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del Servizio II-Istituti culturali del Ministero della Cultura, cioè al loro dirigente e al loro direttore generale, in cui spiegavano l’incongruenza e l’assurdità di un simile limite per iniziative editoriali imponenti come quelle che rappresentavano ed evidenziavano altri punti critici delle nuove normative. I due funzionari, con una formazione giuridica e una carriera burocratica all’interno delle istituzioni, quindi senza alcuna competenza scientifica sui temi trattati e con la solita arroganza che caratterizza buona parte della nostra burocrazia pubblica, ignorarono totalmente le nostre lettere, alle quali neppure si degnarono di rispondere.  Rapidamente però anche altri presidenti di edizioni nazionali espressero la loro solidarietà alle nostre prese di posizione e sei di loro, a cui si aggiunse poi anche un settimo, furono disposti ad esporsi con una lettera di protesta, datata 5 novembre 2021, indirizzata direttamente al Ministro on. Dario Franceschini (Ministro della Cultura dal 22 febbraio 2014 al 1° giugno 2018 e dal 5 settembre 2019 al 22 ottobre 2022), mentre diversi altri si dichiararono assolutamente d’accordo con la nostra iniziativa, ma preferirono non sottoscrivere il documento per la solita ritrosia che hanno molti studiosi e soggetti del mondo accademico ad esporsi in prima persona nelle battaglie culturali e civili, per ragioni di personale opportunità pratica.
Naturalmente anche Franceschini ignorò la lettera dei presidenti e non rispose. Del resto non ci si poteva aspettare molto da questo ministro, visto che la circolare in questione era datata 27 settembre 2017 e quindi era opera dei suoi funzionari. Il Ministero della Cultura sotto la sua direzione era poi noto per scelte disastrose, finalizzate alla valorizzazione delle risorse artistiche e culturali quasi esclusivamente per le loro potenzialità di attrazione turistica. Con simili logiche era più che prevedibile sin dall’inizio che il Ministero avrebbe valutato le edizioni nazionali più come un peso che come una risorsa. Queste iniziative sono infatti fondamentali, come si è visto, per la valorizzazione della nostra tradizione culturale, scientifica e artistica e rappresentano punti di riferimento irrinunciabili anche per la divulgazione delle opere dei suoi principali protagonisti, ma sicuramente non offrono immediati ritorni economici, attrattività turistica e spendibilità nel circo mediatico.
In assenza di riscontri dai funzionari ministeriali e dal Ministro ci rivolgemmo direttamente al Presidente della Repubblica, on. Sergio Mattarella, che, attraverso la sua segreteria, mi informò, il 22 marzo 2022, di aver provveduto a trasmettere, sollecitando a darci una risposta, la nostra lettera, ora con la sottoscrizione di sette presidenti di edizioni nazionali, al Ministero della Cultura, che a questo punto rispose con delle controdeduzioni del dirigente e del direttore generale indirizzate al Capo della Segreteria del Ministro e al Capo di Gabinetto.
Lasciando perdere il tono di queste controdeduzioni, quello che colpisce è la totale inconsapevolezza di cosa sia un’edizione critica e dell’impegno straordinario necessario per la realizzazione di imprese che abbiano come assunto quello di pubblicare il complesso delle opere, testi manoscritti compresi, di autori fondamentali della nostra tradizione culturale. Spesso si tratta di imprese monumentali, che richiedono diversi decenni e notevoli investimenti per essere realizzate, come qualsiasi studioso sa perfettamente. Per fare un paio di esempi, l’Edizione Nazionale del Carteggio muratoriano prevede la pubblicazione di 46 volumi in folio di circa 500 o 600 pagine l’uno, mentre l’Edizione Nazionale vallisneriana ha un programma editoriale che contempla la pubblicazione di oltre 40 volumi e di un Inventario open access del suo carteggio che dovrebbe alla fine contenere la catalogazione di oltre 12.000 lettere, la loro trascrizione e tutti i documenti epistolari in formato immagine. L’edizione critica di ogni volume richiede l’impegno intenso di uno studioso dotato di competenze multidisciplinari per diversi anni, giungendo a un testo che sarà poi un punto di riferimento per gli studi per molti anni, molto probabilmente per più di un secolo e spesso anche per molto di più. Pensare di poter realizzare iniziative di questa entità in otto anni lascia supporre che, per questi funzionari e per gli estensori della circolare, un’edizione critica consista nella semplice trascrizione di un’opera su supporto digitale o cartaceo. Anche in questo caso appare però evidente che alla base di una simile convinzione ci siano soggetti che non hanno mai trascritto in vita loro neppure una pagina di un manoscritto di qualche secolo fa, spesso con testi, magari in latino, martoriati da infinite correzioni e con l’inchiostro che ha trapassato la carta e che si sovrappone alla scrittura del verso della pagina. Si ha dunque l’impressione di trovarsi di fronte a un’incompetenza imbarazzante, con la quale è impossibile anche semplicemente confrontarsi, come molto furbescamente questi burocrati evitano sistematicamente di fare, per l’impossibilità di poter contrastare sul piano scientifico le osservazioni dei loro eventuali interlocutori.
Nelle controdeduzioni si rinfacciavano inoltre i finanziamenti sinora concessi alle edizioni nazionali, con dati che noi stessi avevamo fornito, perché ignoravano anche questo, nonostante le nostre regolari rendicontazioni annuali. Tale rivendicazione appare però anch’essa frutto di una totale ignoranza del lavoro fatto da molte edizioni nazionali. Per richiamare gli esempi dell’Edizione Nazionale del Carteggio muratoriano e dell’Edizione Nazionale vallisneriana, che conosco da vicino, i finanziamenti ottenuti sono stati tutti spesi per la pubblicazione dei volumi (in una sede editoriale in grado di garantire la qualità dei libri, che devono durare nel tempo, la loro conservazione e disponibilità a lungo termine e la loro distribuzione internazionale), per i costi vivi della ricerca, come le riproduzioni digitali di testi e manoscritti, le missioni, l’organizzazione e la partecipazione a convegni, i costi per la strumentazione informatica e la gestione dei siti, le spese di funzionamento, ecc. Nessun membro delle due commissioni ha mai richiesto e avuto una retribuzione per questo lavoro e altrettanto è stato per i curatori delle edizioni e gli autori dei volumi delle Biblioteche connesse alle due edizioni nazionali. Tra l’altro molti membri delle commissioni nazionali e diversi studiosi impegnati nel lavoro editoriale hanno terminato il loro servizio attivo presso i loro enti di appartenenza e sono pensionati, ma continuano gratuitamente il loro lavoro con lo stesso impegno per sola passione scientifica e culturale. Rinfacciare quindi i finanziamenti concessi, quando tutti gli studiosi hanno sempre lavorato gratuitamente, talvolta mettendoci anche soldi propri nei momenti di mancanza di fondi, appare paradossale, se non addirittura provocatorio, se non fosse per la consapevolezza della totale mancanza di conoscenza, da parte di chi ha sollevato questa considerazione, di cosa siano le edizioni critiche, delle caratteristiche delle edizioni nazionali e dell’enorme lavoro svolto sinora da queste iniziative.
Nelle controdeduzioni dei due funzionari ministeriali venne però fortunatamente ritrattata un’altra assurdità presente nel format elettronico da compilare per poter avanzare una richiesta di rifinanziamento, cioè l’obbligatorietà di indire per ogni volume da pubblicare una gara di appalto, con la partecipazione di almeno tre editori. Anche questa richiesta venne indicata come assurda nella nostra lettera, in quanto, per collane come sono le edizioni nazionali, questa gara si fa all’inizio, scegliendo l’editore più adatto, secondo i criteri che sono stati sopra indicati. Poi, si fece notare, che, una volta scelto, a meno di circostanze estreme, era necessario continuare con lo stesso editore, visto che sarebbe stato insensato cambiarlo continuamente, realizzando volumi diversi per aspetto, dimensioni, caratteristiche tipografiche, distribuzione e presenza nei cataloghi editoriali.
La ritrattazione non ammise però l’assurdità della richiesta del format, ma sostenne che in realtà si chiedeva una gara solo all’inizio e che i firmatari della lettera avevano frainteso la richiesta, quando, in realtà, era apparso chiarissimo non solo ai firmatari della lettera, ma anche a chi diede la propria solidarietà verbale senza sottoscrivere il documento, che la richiesta riguardava tutti i volumi da pubblicare. Su questo non vale però la pena soffermarsi, in quanto a tutti noi non importa certo come i fatti siano stati fraintesi nelle controdeduzioni, ma di ottenere la ritrattazione delle nuove norme, che avrebbero l’effetto di affossare buona parte delle edizioni nazionali in corso.
In realtà sia i limiti posti dalle nuove norme, sia quanto emerge dalle controdeduzioni dei due funzionari rendono evidente che la loro missione è quella di chiudere più edizioni nazionali possibili. Fra le altre cose, a un certo punto, si considera un risultato positivo delle nuove normative di aver ottenuto la conclusione dell’Edizione Nazionale delle Opere di “Giovanni (sic!) Parini”. Una simile correlazione tra le nuove norme e il completamento dei lavori di questa edizione nazionale appare però del tutto inverosimile, perché un lavoro ecdotico complesso non si può realizzare in tempi brevi e a seguito di sollecitazioni di tipo burocratico. Se i lavori sono stati effettivamente completati questo sarà avvenuto indipendentemente dalle nuove normative e per conclusione naturale dell’impresa. Non si può infine non rilevare come sia incredibile che il dirigente e il direttore generale dell’ufficio ministeriale che si occupa di edizioni nazionali confondano e sbaglino in un documento ufficiale il nome di un autore fondamentale della nostra letteratura, ampiamente trattato e insegnato anche a scuola. Davvero è questo il livello dei funzionari ministeriali che indirizzano ai presidenti delle edizioni nazionali comunicazioni ultimative, come se fossero loro dipendenti, quando sono in realtà studiosi noti che, come si è detto, stanno lavorando a queste iniziative gratuitamente, per sola passione scientifica, culturale e civile? Evidentemente però è forse proprio perché questo è il loro livello che non si rendono neanche conto delle assurdità delle richieste che rivolgono alle commissioni nazionali e ai loro presidenti e dell’inopportunità dei toni con cui lo fanno.
Ora sono cambiati dirigente e direttore generale dell’ufficio ministeriale e questa è sicuramente una notizia confortante, anche perché sembra che i due nuovi funzionari abbiano alle spalle una formazione molto più in linea con i temi trattati dall’ufficio. Speriamo quindi in bene, anche se farlo non può che comportare sempre una notevole dose di ottimismo della volontà.

 

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