Miccione, Lumpen Italia
Davide Miccione
Lumpen Italia
Il trionfo del sottoproletariato cognitivo
Lettere da Qalat, Caltagirone 2022
Pagine 204
€ 17,00
A distanza di sette anni, dopo che la prima edizione era andata esaurita, ritorna in stampa Lumpen Italia del filosofo Davide Miccione. La veste editoriale, rinnovata nella grafica, prevede una nuova introduzione a cura di Francesco Coniglione ed è arricchita da una postfazione dell’autore che mostra come, nel lasso di tempo che separa le due edizioni, non ci sia stata alcuna inversione di tendenza e che, anzi, il tema trattato sia oggi più attuale che mai.
L’argomento del libro verte sulla figura, accuratamente descritta, dell’ignorante ipermoderno, cioè quel soggetto, sempre più diffuso nel mondo studentesco contemporaneo, che non tollera la “inutilità” del pensiero astratto poiché non funzionale al qui ed ora, che il nostro ritiene essere l’unica dimensione disponibile al suo volere, dunque utile e degna di essere pensata. Un essere egocentrato, edonistico ed eterodiretto, cosciente del proprio guadagno e del proprio piacere ma, nello stesso tempo, del tutto inconsapevole del sistema di potere di cui è servitore. Una mente formata, come ci suggerisce efficacemente l’autore, al pensiero antisocratico che “non sa mai di non sapere” e che, non essendo incuriosita né interessata, in ogni caso, non vuole sapere e non si vergogna affatto della propria ignoranza. Questo deficit cognitivo di massa prepara il terreno per quella che nella postfazione viene definita, con un’immagine d’impatto, un’apocalisse intellettuale, determinata, tra le altre cose, dall’emarginazione dei saperi umanistici.
Nella prima parte del testo Miccione traccia un’esaustiva geografia della “ignoranza”, muovendosi per cerchi concentrici, partendo, inizialmente, dalla propria esperienza nelle aule universitarie della Sicilia, per espandersi, poi, all’Italia e così via al mondo intero. Nella seconda, invece, passando dalle aule alle piazze, analizza il panorama politico italiano nella sua dicotomia destra-sinistra. Questa parte del libro risente inevitabilmente del tempo trascorso dalla sua prima pubblicazione. Infatti, dopo l’affermazione elettorale del Movimento Cinquestelle ed il governo di unità nazionale con a capo Draghi, le identità destra-sinistra appaiono alquanto sfumate e confuse. La “ignoranza” sdoganata dal “berlusconismo”, invece, ha ormai rotto gli argini e si è diffusa indistintamente negli opposti schieramenti.
Quale che sia la società prossima (s)ventura, l’opera di Miccione ha sicuramente il pregio di affrontare, ironicamente e con dettaglio di dati statistici, sempre attuali anche se riferiti ad un decennio fa, lo stato di salute dell’istruzione, soprattutto in funzione del fondamentale ruolo che svolge all’interno del tanto decantato e malandato regime democratico. A un iniziale senso quasi di divertissement, dovuto ad aneddoti provenienti dal mondo studentesco, la lettura lascia spazio a un sentimento misto di frustrazione e rabbia. Il sapere, in quella che, con humor britannico, viene chiamata “società della conoscenza”, è ridotto a un mero strumento al servizio del mercato e la scuola, di conseguenza, è costruita sul modello aziendale. A tal proposito, è esplicativa la parte in cui l’autore sostiene l’idea di una società concepita come macchina produttiva, i cui individui, lungi dallo sviluppare alcun tipo di senso critico, sono solo mezzi idonei a portare avanti la produzione. L’umanità, dopo essere uscita dallo stato di minorità, grazie alla filosofia dell’età dei lumi, sembra destinata a ritornarvi con l’avvento dell’era digitale. Nel campo della formazione lo spostamento d’interesse dalle conoscenze alle competenze segna il fulcro delle politiche adottate dall’Unione Europea1, che punta a sfornare tecnici da impiegare nel sistema, perfetti fach idioten2, supercompetenti, superspecializzati e del tutto ignari del mondo che li circonda. In un mondo siffatto, le “menti pensanti” non sono contemplate e, forse, in uno scenario apocalittico non troppo futuristico, lo spazio per il pensiero critico sarà riservato, quasi esclusivamente, all’intelligenza artificiale, mentre agli uomini-tecnici toccherà svolgere il ruolo dei “robot”: competenti, efficienti, flessibili e senz’anima.
Segno dei tempi è il testo di un brano musicale del rapper Marracash, che riprendendo un pezzo classico del rap italiano esordisce così: «Siamo passati da quelli che benpensano a quelli che non pensano» per poi continuare: «Oh algoritmo che sei nei server, manda il mio pezzo nella top ten e il mio video nelle tendenze, mandami uno spot ad hoc, non so cosa comprare, tocca i miei dati sensibili per guidarmi a votare… » e ancora: «l’era della musica sembra innocua e serena, […] l’ignoranza sventolata come bandiera, il sonno della ragione vota Lega», per concludere che: «il senso è nascosto così bene che non c’è, non avrai altro brand al di fuori di me»3. Viviamo già di fatto in un’epoca dominata dagli algoritmi e dagli sponsor, bisogna prenderne coscienza.
È proprio questa l’intenzione dell’autore quando sostiene la necessità di prendere posizione per condurre la battaglia culturale e formare una coscienza civile in grado di contrastare la deriva in atto. Il testo ha, inoltre, il merito di stimolare nel lettore diversi interrogativi sia in ambito educativo che culturale, politico ed economico. Molteplici sono le strade che si aprono al pensiero critico che voglia analizzare in profondità lo stato delle cose, anche in relazione agli eventi degli ultimi anni con annesse pandemia e guerra. Il processo di mondializzazione, legato al diffondersi della cultura e della filosofia anglosassone e anglofona di matrice empirista e capitalista, porta con sé inevitabilmente una visione del mondo legata all’utile ed al profitto, dallo spirito concreto e pragmatico. Questa concezione dell’esistente si sposa perfettamente con le idee dell’ignorante ipermoderno che, lungi dall’essere soltanto un fenomeno italiano, è purtroppo il nuovo cittadino del mondo.
Degna di nota è la parte conclusiva del libro nella quale l’autore elabora un mini-programma in cinque proposte per condurre la battaglia. Miccione, infatti, non si limita alla sterile critica dell’esistente, ma, basandosi sulla visione gramsciana della cultura e sull’idea “greca” che il male è perseguito solo da chi ignora il bene, ostinatamente traccia la strada per la rinascita di un sapere critico di stampo umanista in grado di ridare spinta al movimento democratico, cioè alla partecipazione cosciente dei cittadini alla vita pubblica della polis. Per far ciò bisogna elevare nuovamente la qualità dell’insegnamento, dare dignità all’istituzione scolastica e a quella universitaria ed instillare, nelle nuove generazioni ma non solo, quella “meraviglia” aristotelica in grado di generare curiosità e voglia di sapere. Le cinque proposte dell’autore vanno in questa direzione e guardano anche, in maniera originale, al progetto brasiliano Bolsa Scola, col quale i governi progressisti di Lula e Roussef hanno incentivato l’investimento educativo dei figli del sottoproletariato. Data la situazione attuale, perlomeno in Italia e in occidente, viene da chiedersi, tuttavia, quale classe politica potrebbe mai attuare una tale inversione di tendenza.
Note
1 Cfr. Commissione delle comunità europee, Insegnare e apprendere: verso la società conoscitiva. Libro bianco su istruzione e formazione, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo 1995.
2 Espressione tedesca che indica colui il quale è uno specialista in un determinato ambito di ricerca (fach) ma allo stesso tempo è un ignorante (idioten) per quanto concerne tutto il resto.
3 Marracash, «Quelli che non pensano – Il cervello», Persona, Island 2019.
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