In difesa delle libertà

Di: agb
1 Settembre 2022

 

È il senso dei giorni, è la condizione delle scienze, è l’eredità degli eventi e delle idee che hanno reso luminosa l’Europa, è il desiderio, l’impegno, la lotta per le libertà del corpo sociale e di conseguenza degli individui che ne fanno parte. A questo patrimonio stiamo rinunciando con miopia, incoscienza, stanchezza, rassegnazione, irresponsabilità. Davvero, «per profonda che sia, la perdita di libertà sembra non toccare mai il fondo, non si finisce mai di perderla»1.
Anche per questo Vita pensata dedica alle libertà una riflessione molteplice e unitaria, che ruota intorno ad alcuni grandi pensieri della filosofia europea: Kant, Foucault, Fichte, Nietzsche, Rousseau, Proust; che difende – come questa rivista ha sempre fatto – la scuola e l’università in quanto luoghi nei quali può e deve svilupparsi un atteggiamento critico verso l’informazione e il potere. Se non lo fanno scuola e università, chi potrà mai garantire la libertà dai dogmi dell’autorità politica, religiosa, mediatica, finanziaria?
Al dominio e alle sue tentazioni di morte opponiamo il nostro essere pervasi di un amore spericolato e insieme lucido verso il vivere liberi, come lo fu Bakunin la cui passione libertaria si espresse nella coraggiosa difesa di una totale libertà di opinione, di parola, di credenze, una «libertà illimitata di svolgere ogni tipo di propaganda con le parole, con la stampa, nelle riunioni pubbliche o private, senz’altro freno che il naturale e salutare potere dell’opinione pubblica; libertà assoluta di associazione, non escluse quelle che avranno come scopo la distruzione della libertà individuale e pubblica»2.
Una antropologia disincantata riconosce che nell’umano ci sono tendenze collaborative e solidali e altri opposti impulsi distruttivi e prevaricatori. Proprio per questo è necessario che una società si strutturi con il minor potere possibile al proprio interno, per evitare che chi pro tempore comanda possa imporre impulsi omicidi delle vite e delle libertà. Chi rimane al potere troppo a lungo cede quasi inevitabilmente a tali impulsi. Il nostro anarchismo si fonda dunque non sull’ottimismo antropologico -di marca roussoviana o altro – ma sul suo contrario, sulla scarsa fiducia che nutriamo nella nostra specie. È per questo che a nessun umano va data troppa autorità. In tutte le società si manifesta in qualche modo la lotta per il potere poiché esso consiste semplicemente «nella capacità di indurre gli altri a fare quello che si desidera»3, capacità non soltanto inestirpabile ma anche portatrice di dinamismo e cambiamenti. E quindi «persino l’anarchico riconosce che esistono ambiti per un’autorità legittima»4, ma a condizione che sia un’autorità condivisa, orizzontale, provvisoria e soprattutto limitata.
Come vedete, il numero 27 presenta alcune novità: una grafica diversa nella versione pdf mentre la versione sul sito conferma il nostro gusto un po’ rétro; alcune modifiche nelle Norme redazionali; un nuovo Direttore responsabile, Ivana Giuseppina Zimbone, che ringraziamo per la sua disponibilità come ringraziamo Augusto Cavadi per aver firmato per più di dieci anni questa rivista, anche quando non ne ha condiviso alcuni contenuti; un solo direttore scientifico a firmare il numero perché l’altra fondatrice di Vita pensata, Giusy Randazzo, ha assunto impegni istituzionali che non le permettono provvisoriamente di seguire la rivista.
E ringraziamo i nostri numerosi autori e i lettori che da tanti anni ci accompagnano e ai quali auguriamo di non smarrire mai il gusto di essere e di sentirsi liberi. Le tendenze dispotiche che attraversano il corpo politico collettivo sono in questi anni talmente vaste e profonde da far sì che la libertà che riusciremo a conquistarci non sarà mai troppa.

 

Note

1 P. Clastres, L’anarchia selvaggia (1980),trad. di G. Lagomarsino, introd. di R. Marchionatti, elèuthera, Milano 2013, p. 80.

2 M. Bakunin, La libertà degli uguali, a cura di G. N. Berti, elèuthera, Milano 2009, p. 98.

3 H.B. Barclay, Lo Stato. Breve storia del Leviatano (The State, 2003), trad. di A. Aureli, elèuthera, Milano 2013, p. 17.

4 Ivi, p. 20.

 

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