Mostri, parassiti e molteplicità del vivente in un mondo senza miracoli. Uniformità della natura e delle sue leggi nell’opera di Antonio Vallisneri

Di: Dario Generali
4 Gennaio 2022

 

L’imporsi della nuova scienza nel Seicento diffuse il paradigma meccanicistico e, con esso, la convinzione dell’universalità, della necessità e dell’uniformità delle leggi naturali. Questo modello prese avvio dalle scienze fisico-matematiche, ma, con i dovuti adattamenti e le conseguenti specificità epistemologiche, non mancò di egemonizzare, almeno per la maggioranza degli autori progressisti e antiaristotelici di questi settori, anche le scienze mediche, naturalistiche e della vita. Casi esemplari in Italia, limitandosi ai più noti, furono Giovanni Alfonso Borelli, Giorgio Baglivi, Marcello Malpighi e Antonio Vallisneri, che di Malpighi fu allievo a Bologna dal 1682 al 1684, laureandosi però poi in Medicina nello Studio di Reggio Emilia nel 16851.

Dopo la laurea condusse il proprio tirocinio a Venezia e a Parma. Fra i suoi maestri, a Venezia, vi fu Lodovico Testi, allievo dello zio Giuseppe Vallisneri, che lo seguì con particolare attenzione e che rinforzò l’immagine dell’uniformità delle leggi della natura che il giovane Vallisneri aveva già perfettamente interiorizzata e fatta propria. Testi, anche dopo questo periodo, si impegnò per favorire la carriera di Antonio e già nel 1694 lo coinvolse in una sua pubblicazione, con la quale si sforzò di dimostrare la salubrità dell’aria di Venezia2. L’opera, alla quale collaborò Vallisneri3, appare particolarmente rilevante per l’uso che si fece di indicatori biologici per valutare la qualità dell’ambiente per la popolazione umana. Al fine di dimostrare la salubrità dell’aria di Venezia, resa tale dal sale presente nell’acqua della laguna, Testi istituì otto esperienze, che consistevano nell’esporre alle esalazioni di diverse terre, bagnate con acqua della laguna o con acque dolci o contemporaneamente, dei pesci fra i «più corruttibili», quali «molo, sardella, go, barbone, tenca, e lovo», posti all’interno di «vasi alti mezzo braccio», chiusi con dei coperchi e sostenuti da «bacchettine» fatte passare attraverso dei fori praticati «nell’estremità» dei vasi4. Le conclusioni di Testi furono confermate da Vallisneri, che integrò e rese maggiormente esplicativi gli esperimenti, sottoponendo alle diverse esalazioni, per verificarne l’esizialità o la salubrità, non solo pesci, ma differenti altri animali5. L’utilizzo di bioindicatori per indagare la qualità dell’ambiente per la vita umana aveva un notevole significato scientifico, perché rappresentava la conseguenza, sul terreno degli studi ecologici, della convinzione dell’uniformità della natura, delle caratteristiche anatomiche e delle esigenze fisiologiche dei viventi, da cui derivava il riconoscimento dell’appartenenza dell’uomo, al pari di ogni altro essere, al piano naturale, da cui non poteva in alcun modo considerarsi separato. Un’opzione teorica ed epistemologica assai forte, in linea con l’impostazione scientifica malpighiana e dell’intero meccanicismo biologico, che aveva nella convinzione dell’uniformità della natura e delle sue leggi una delle proprie premesse essenziali.

In Vallisneri il concetto di uniformità della natura giunse a esiti radicali, che superavano, almeno sul piano naturalistico, la tradizionale separazione antropocentrica fra uomo e resto dei viventi. Sin dal 1694, allontanandosi dal modello cartesiano, rilevava la stretta somiglianza fra i comportamenti umani e quelli, non privi di una certa razionalità, di una scimmia del duca di Modena e Reggio6. Due anni più tardi evidenziava il caso di una «Farfalletta delle galle», della quale valutava «degna d’osservazione la prudenza, o ingegno» del suo «verme, che chiuso nelle galle diventa al fine farfalla». Poiché questi «sa, che fatto farfalla, non potrà più rodere la sostanza della medesima per uscire alla luce, rode sino alla nuda corteccia e ben bene l’indebolisce, in modo, che dal solo urto anche leggiero del capo si spezzi la corteccia ed esca glorioso», come «appunto fa, e li riesce»7. Prendeva infine posizione pubblicamente contro la concezione cartesiana dell’animale macchina e contro qualsiasi separazione qualitativa dei viventi nei suoi Dialoghi sopra la curiosa origine di molti insetti. A questo proposito negava anche la distinzione fra animali perfetti e imperfetti8 e il carattere di automi degli insetti, che, come aveva potuto osservare, avevano «un non so che d’industrioso, e di più che macchina» «nel nascondersi, e fuggire il nocevole» «nel fabbricare e tessere le loro case»9 e certo non potevano considerarsi delle macchine inconsapevoli, come immaginato da Cartesio10.

Una delle idee portanti della concezione scientifica di Vallisneri fu quella della grande catena degli esseri, perfettamente in linea con la sua ferma convinzione dell’uniformità e della sostanziale unità della natura. In questa prospettiva il tema dell’ordine generale delle cose che governa i rapporti fra tutti gli esseri appare fondamentale e compie un vero e proprio salto qualitativo sul piano teorico. Ad esso concorrono la concezione della stretta connessione e progressione di tutti gli enti naturali, derivata dai suoi studi di anatomia comparata e dalle sue osservazioni etologiche, e l’adesione ad aspetti fondamentali della filosofia leibniziana, che Vallisneri, negli anni compresi fra il 1713 e il 1715, discusse e fece propri, dando loro il carattere di una vera e propria fondazione filosofica di alcuni concetti di fondo delle sue teorie scientifiche11.

Su tali temi aveva riflettuto anche Malpighi, sviluppando considerazioni che sembravano anticipare la presa di coscienza vallisneriana della gerarchia predatoria e della legge naturale della lotta per la sopravvivenza. Malpighi rilevò infatti, trattando il problema dell’origine delle galle delle foglie di alcune piante, che il sostentamento di ogni vivente richiedeva un continuo apporto di energie e, quindi, di alimenti e che questo portava i viventi a infliggersi danni e morte reciproca per soddisfare tali esigenze. Pur non sapendo se attribuire tale fatto a una dura legge di sopravvivenza o a un ordine provvidenziale della natura, Malpighi continuò sottolineando che questa legge non valeva solo per gli animali maggiori, ma anche per i minori e per gli insetti e per le stesse piante. Queste non solo sono continuamente utilizzate come alimenti dagli esseri del mondo animale, ma sono danneggiate da molti insetti, che le mutilano, vi depongono le proprie uova e ne modificano la struttura e il flusso degli umori, con la conseguente produzione di tumori morbosi, definiti galle, che assumono per le uova e le successive larve la funzione di una sorta di utero sostitutivo12.

In linea con queste considerazioni, ma interpretandole alla luce di un modello provvidenzialistico di carattere leibniziano, già nel 1713 Vallisneri riconduceva la gerarchia predatoria dei viventi al modello teorico della grande catena degli esseri, dove la stessa ferocia della lotta per la sopravvivenza veniva interpretata come necessaria e provvidenziale, in quanto funzionale all’ordine dell’insieme e al mantenimento dell’equilibrio naturale. Basandosi sui suoi studi e sulle sue osservazioni, gli era infatti possibile sottolineare che si tocca «con mani» «che tante maniere d’armi offensive, e difensive non furono collocate da quel divino Artefice in tanti animali, perché stassero oziose, e arrugginite», «veggendosi impresso in tutti quel carattere che volgarmente si chiama Istinto, di vivere, se mai si può, di quella preda segnatamente a sé destinata»13.

Nella Relazione di vari Mostri14, due anni dopo, con l’occasione della falsificazione dei casi mostruosi «apportati dall’Aldrovandi, dal Liceti, o da altri scrittori», Vallisneri prendeva l’occasione per ribadire l’uniformità di fondo delle norme naturali e dell’ordine degli esseri, riscontrabile anche nei casi eccezionali, sempre riconducibili alla deformazione e al vizio meccanico dello sviluppo, mai al rivolgimento radicale delle specie e delle leggi. Era infatti innegabile che errasse «bene qualche volta la natura», ma era anche facilmente rilevabile «che negli errori» ci fosse sempre «la sua legge, la quale» li lasciava «giugnere sino al mirabile, ma non entrare nella linea dell’impossibile giammai»15. Nella Lezione Accademica sulla grande catena degli esseri16 del 1721 la questione veniva ripresa a un maggior livello di risoluzione e di sistematicità, interpretando – sempre con un evidente richiamo alla teoria leibniziana17, ispirata all’ottimismo metafisico del “migliore dei mondi possibili” – la scala predatoria e quella degli esseri come delle progressioni continue e necessarie, dove ogni elemento risultava indispensabile all’equilibrio del tutto e occupava un posto prestabilito e immutabile18.

Un ordine nel quale anche l’uomo era inserito al pari di ogni altro essere della natura19 e dove ogni anello della catena risultava fondamentale alla sopravvivenza e alla razionalità del tutto e che richiedeva allo storico naturale la capacità di individuare ogni gradino della progressione, associandovi, in modo ordinato e sistematico, l’ente corrispondente. Dalla «pura purissima terra, chiamata da alcuni terra vergine, o primigenia»20, sino all’«uomo signore, e tiranno di tutti»21, si dipanava quell’«ordine della progressione, e dirò così, della scala di tutte le cose create, insieme legantesi, e formanti quella oltremirabile armonia, che in questa gran mole osserviamo».

Già nelle stesse opere a stampa Vallisneri aveva prospettato una progressione che, comprendendo l’uomo, superava qualsiasi separazione tra quest’ultimo e il resto della natura. Nelle comunicazioni private questa immagine unitaria si spingeva però ben oltre il piano naturalistico, attribuiva un’anima, più o meno complessa a seconda del livello occupato nella catena, a ogni vivente, piante comprese, ed estendeva la progressione sino alle gerarchie angeliche e a Dio.

Sin dalla lettera a Louis Bourguet del 14 aprile 1712, trattando di una sintesi della scala degli esseri che Bourguet aveva progettato di stendere, apprezzava l’idea di una progressione che, partendo dagli elementi inorganici, percorresse tutte le diverse gradazioni degli esseri sino a Dio, quindi andando oltre il piano visibile e naturale e accettando di affidarsi a una argomentazione puramente razionale22. Il concetto di uniformità dei viventi appariva ulteriormente accentuato, sempre in una comunicazione rigorosamente privata del 18 aprile 1727 ad Antonio Conti, «un abate libero pensatore tra Newton e Voltaire»23. Qui Vallisneri proponeva un quadro della catena degli esseri nella quale ogni vivente era dotato di un’anima più o meno sviluppata a seconda della diversa complessità della sua organizzazione anatomica. Un’immagine a cui Vallisneri giungeva partendo dall’adesione al modello di progressione leibniziano24, ma che poneva nel contempo le premesse di concezioni che sarebbero state fatte proprie dal materialismo radicale della seconda metà del Settecento, che legava le funzioni intellettuali all’organizzazione della materia e quindi alla complessità della struttura anatomica degli individui. Il superamento del dualismo cartesiano appare evidente e viene esplicitamente sottolineato, configurando una visione della realtà radicalmente unitaria sul piano naturalistico25.

 

Note

1 Laurea che ottenne nello Studio di Reggio Emilia in osservanza a un editto del duca di Modena e Reggio Francesco II d’Este, la cui deroga gli aveva consentito di continuare gli studi a Bologna ma non anche di addottorarsi in quell’Università.
2 L. Testi, Disinganni overo ragioni fisiche fondate su l’autorità, ed esperienza, che provano l’aria di Venezia intieramente salubre…, [Venezia] Colonia, Per Giovanni Wilelmo Schell, 1694.
3 A. Vallisneri, Lettera di proposta del Signor Antonio Valsinieri Medico Fisico Reggiano. Spettante all’aria di Venezia e Lettera di confirmazione del Signor Antonio Valsinieri Medico Fisico da Reggio, in L. Testi, Disinganni overo Ragioni fisiche…, cit., pp. 1-3 e 124-137.
4 Ivi, p. 117.
5 A. Vallisneri, Lettera di confirmazione…, cit.
6 Id., Quaderni di osservazioni, vol. I, a cura di C. Pennuto, Introduzione di D. Generali, Note biologiche di A. Castellani, Firenze, Olschki, 2004, pp. 54-55: «Ho osservato oggi una simia del nostro Serenissimo far molte cose simili veramente ed emole alle nostre. Cercava così bene in capo, che niuno può farlo meglio, levando via con somma delicatezza ogni brusculo. Hanno le mani e l’unghie simili veramente alle nostre, siccome i piedi. Intende molto bene ogni cenno del suo custode ed è molto cauta e sospettosa e riverente, baciando la mano a chiunque la porgeva. Nettava pure i suoi peli con somma industria, levando via un poco di terra, della quale erano impiastricciati. Gli occhi sono ignei ed accesi, segno di vivacità di spirito. Ha una gran memoria, essendosi ricordata d’uno, che erano scorsi 15 giorni, che gli avvea dati pignoli, e gli è subito corsa incontro, abbracciandoli le gambe, baciandolo, saltandoli sulle spalle e facendoli feste curiose […] Mangiò anche del ravanello. Le castagne gli piacevano molto ec. Insoma osservai nell’idea del volto, nel portamento, ne’ costumi avver qualche rozza, od ombra di razionalità».
7 Id., Quaderni di osservazioni, vol. III, Biblioteca Estense di Modena, Raccolta Campori 703, γ. D. 6,38, c. 97r.
8 Id., Secondo dialogo… sopra la curiosa origine di molti insetti…, «La Galleria di Minerva», 1700, t. III, pp. 297-318 e 353-372: 307(II) e 308(I).
9 Id., Secondo dialogo…, p. 307(I).
10 Concetto, questo, ancor meglio chiarito nell’edizione postuma Id., Della curiosa origine, degli sviluppi, e de’ costumi ammirabili di molti insetti. Dialoghi… Dialogo secondo, in Id., Opere fisico-mediche… Tomo primo…, Venezia, Appresso Sebastiano Coleti, 1733, pp. 32-75: 70(I-II): «l’industria degl’insetti… nel difendere, e nel nutrire i propri figliuoli… fa strabiliare, e sospettare che sieno altro, che macchinette, come ho inteso, avere immaginato un grande ingegno moderno chiamato Cartesio». Sulle differenze fra la prima edizione dei Dialoghi del 1696-1700 e quella postuma del 1733 cfr. D. Generali, Note sull’epistolario di Antonio Vallisneri (1661-1730), in Scienza e letteratura nella cultura italiana del Settecento, a cura di R. Cremante e W. Tega, Bologna, il Mulino, 1984, pp. 487-510: 505-510.
11 D. Generali, Antonio Vallisneri “corrispondente leibniziano”, in Rapporti di scienziati europei con lo Studio bolognese fra ‘600 e ‘700 (Studi e Memorie per la Storia dell’Università di Bologna, nuova serie, vol. VI), a cura di M. Cavazza, Bologna, Presso l’Istituto per la Storia dell’Università, 1987, pp. 125-140: 133-134.
12 M. Malpighi, De Gallis, in Opera omnia, figuris elegantissimis in aes incisis illustrata. Tomis duobus comprehensa…, Londini, Prostant apud Robertum Scott, Bibliopolam Regium, 1686, t. I, pp. 17-38: 17: «Animalium vita, cum perpetuo effluvio manuteneatur; talem corporis compagem exigit, qua iam recepta largo dispendio reddat; alienaque denuo, et quotidie admittat: ita ut vitae chorea continuato introitu, et egressu perennet. Hinc nescio an duris inopiae legibus, an satius munificentiae munere ita viventium ordines statuerit natura; ut mutuo vivant morticinio, et assiduis cladibus instaurentur, et consistant. Nec solis perfectis animalibus hoc ipsa indixit, ut vicissim scilicet in mutuam sibi cadant alimoniam; sed insectis, immundisque animalculis, parato ipsis quasi optimo plantarum patrimonio, talem elargita est solertiam; ut non solum ab ipsis quotidianum exigant victum; sed expositis propriis foetibus vicarios uteros, indeque altrices quasi mammas, plantas ipsas praebere cogant. Tale igitur plantarum famulitium non nisi sui mutilatione succedit; ita ut exacto hoc insectorum vectigali, privata plantarum oeconomia invertatur, vitiatisque alimenti viis, et corrupto ipsarum succo, nova partium configuratio succedat: morbosis frequenter subcrescentibus tumoribus, quos Gallarum nominibus exponemus».
13 A. Vallisneri, Nuove osservazioni ed esperienze intorno all’ovaia scoperta ne’ vermi tondi dell’uomo, e de’ vitelli, con varie lettere spettanti alla storia medica, e naturale…, Padova, Nella Stamperia del Seminario, appresso Gio. Manfrè, 1713, pp. 116-117.
14 Id., Relazione di vari mostri con alcune riflessioni…, in Id., Raccolta di vari trattati del Sig. Antonio Vallisnieri…, Venezia, Appresso Gio. Gabbriello Ertz, 1715, pp. 193-211.
15 Ivi, p. 210.
16 Id., Lezione Accademica intorno all’ordine della progressione, e della connessione che hanno insieme tutte le cose create, etc…., in Id., Istoria della generazione dell’uomo, e degli animali, se sia da’ vermicelli spermatici, o dalle uova; con un trattato nel fine della sterilità, e de’ suoi rimedi; con la critica de’ superflui, e de’ nocivi; con un discorso accademico intorno la connessione di tutte le cose create; e con alcune lettere, istorie rare, osservazioni d’uomini illustri…, Venezia, Appresso Gio. Gabbriel Hertz, 1721, pp. 421-437.
17 G.W. Leibniz, Essais de Theodicée…, in Die philosophischen Schriften…, herausgegeben von C. I. Gerhardt, vol. VI, Berlino, Weidmann, 1885, pp. 107-108 e 408-409: «Quelque adversaire ne pouvant repondre à cet argument, repondra peutêtre à la conclusion par un argument contraire, en disant que le monde auroit pu être sans le peché et sans les souffrances: mais je nie qu’alors il auroit été meilleur. Car il faut savoir que tout est lié dans chacun des Mondes possibles: l’Univers, quel qu’il puisse être, est tout d’une pièce, comme un Ocean; le moindre mouvement y etend son effect à quelque distance que ce soit, quoyque cet effect devienne moins sensible à proportion de la distance […] Ainsi, si le moindre mal qui arrive dans le monde y manquoit, ce ne seroit plus ce monde, qui tout compté, tout rebattu, à été trouvé le meilleur par le Createur qui l’a choisi» e ancora «Dieu a donné aussi la faim et la soif aux animaux, pour les obliger de se nourrir et de s’entretenir, en remplaçant ce qui s’use et qui s’en va insesiblement. Ces appetits servent aussi pour les porter au travail, à fin d’acquerir une nourriture convenable à leur constitution et propre à leur donner de la vigueur. Il a même été trouvé necessaire par l’auteur des choses, qu’un animal bien souvent servit de nourriture à un autre, ce qui ne le rend guere plus malheureux, puisque la mort causée par les maladies a coûtume d’ètre autant et plus douloureuse qu’une mort violente».
18 A. Vallisneri, Lezione accademica intorno all’ordine della progressione, e della connessione, che hanno insieme tutte le cose create, etc., in Id., Istoria della generazione, a cura di M. T. Monti, Saggi introduttivi di F. Duchesneau e M.T. Monti, Firenze, Olschki, 2019, vol. II, pp. 511-527: 526-527: «Veggiamo dunque in ogni regno i carnivori, e che sovente agli altri regni estendono la loro ingordigia, e veggiamo in essi creati da Dio gli ordigni a bella posta per un tal fine, onde le aquile, gli avoltoi, gli ossifragi, i falconi, gli sparvieri, e simile schiatta di predatori hanno i rostri, gli artigli, e le interne parti differenti da que’ delle colombe, delle pernici, delle quaglie, delle galline, delle tortorelle, e d’altri simili innocenti animali, lo che parimenti osserviamo nelle razze de’ quadrupedi, de’ pesci, e insin degl’insetti divoratori, e destinati a vivere di rapina. Quindi è, che vi dovea essere quest’ordine inalterabile, e questa gran copia di tanti generi, e di tante spezie, per aver una indispensabilmente bisogno dell’altra, onde perduta una sola, strascinerebbe seco la ruina di molte, e tutta perirebbe in uno stante questa simetria regolatissima dell’universo».
19 Ivi, p. 526: «Ne’ quadrupedi abbiamo chi mangia insetti, chi pesci, chi uccelli, chi altri quadrupedi, e chi (se può) l’uomo stesso, e finalmente l’uomo signore, e tiranno di tutti con mille frodi, e mille maniere uccide tutti, e vive di tutti».
20 Ivi, p. 514.
21 Ivi, p. 526.
22 Lettera di Vallisneri a Bourguet del 14 aprile 1712, in Id., Epistolario (1711-1713), a cura di D. Generali, vol. II, Milano, Angeli, 1998, lett. 338, pp. 157-158: «Veggo con quanta saviezza V.S. Ill.ma la discorra della composizione de’ metalli, ma quello, che mi è piaciuto infinitamente, e che ho letto a’ miei scolari, si è stata la gradazione delle pietre sino alle più preziose, poi delle piante sino a’ piantanimali, poi da questi sino all’uomo, e finalmente dall’uomo sino a Dio. Belle, bellissime, arcibellissime riflessioni, e da par suo. Anch’io diedi un saggio della gradazione degli animali nel mio trattato de’ vermi, ma V.S. Ill.ma la tira in tutte le cose create con somma prudenza e virtù, e mostra d’avere una bell’anima illuminata. Quando verrà la discorreremo di queste gradazioni, e la prego a estenderle con ordine, ch’è una cosa gentilissima, e graziosissima, e vera, e nominare le pietre, le piante, gl’insetti, gli animali, l’uomo, e i gradi degli angeli sino a Dio».
23 N. Badaloni, Antonio Conti. Un abate libero pensatore tra Newton e Voltaire, Milano, Feltrinelli, 1968.
24 Cfr. D. Generali, Il «Giornale de’ letterati d’Italia» e la cultura veneta del primo Settecento, «Rivista di storia della filosofia», 1984, II, pp. 243-281: 255-256.
25 Lettera di Vallisneri a Conti del 18 aprile 1727, in A. Vallisneri, Epistolario (1714-1729), CD a cura di D. Generali, Firenze, Olschki, 2005, lett. 1329, pp. 1467-1469: «Il mio forte fu nelle meditazioni e, toccandomi un giorno quella dell’immortalità dell’anima nostra spirituale, quel nero diavolo, che ci fa tanta paura e che sempre ci soffia nelle orecchie cose stravagantissime, mi fece pensare intorno alla progressione delle anime. Mi voleva far credere che tutte fossero d’una maniera, e che solamente differissero nell’operazione più o meno lucida, per gli organi più o meno ben lavorati. Veggiamo, diceva, che in tutte le cose create Iddio non ha voluto far salti, ma insensibilmente e per gradi è passato da un genere all’altro, e da una specie all’altra, con uniformità di forme e sempre ammirabile. Se dunque così va la faccenda, addio macchine di Cartesio, addio orologi ingannatori de’ nostri occhi! Tutti i corpi organici, che hanno senso, che nascono, che crescono, che si sviluppano, e che a loro simili partoriscono, avranno la loro anima, come noi, e non sarà un peccato tanto pericoloso e mortale, nella filosofia, il credere che anche tutte le piante l’abbiano, imperocché veggiamo, che dalla pianta si passa al piant-animale, da questo all’animale più torpido, come le ostriche e simili, e da questi torpidi e poco sensibili viventi si rampica a’ più sensibili, e così di grado in grado si giugne a’ cani, alle scimie e ad altri animali, che mostrano nelle loro operazioni spesse volte più giudizio di noi, e finalmente all’uomo, animale tiranno di tutti, il più superbo, e sovente il più pazzo, che sia fra tutti. Se dunque consideriamo questa catena e progressione di anime, e veggiamo che nelle cose sensibili Iddio non ha voluto far salti, pare che venga legitima la conseguenza che tutte quante le anime sieno di un’istessa natura, lo che, se non fosse, oh che gran salto mortale si farebbe dall’anima de’ bruti materiale all’immateriale dell’uomo, che sarebbe lo stesso che dire da un orologio a un vivente!».

 

PDF dell’articolo

 

Categoria: Temi (II) | RSS 2.0 Commenti e pingback sono attualmente chiusi.

Nessun commento

I commenti sono chiusi.

Accedi | Gestione | Alberto Giovanni Biuso e Giusy Randazzo © 2010-2024 - Periodico - Reg. Trib. Milano n. 378 del 23/06/2010 - ISSN 2038-4386 -

Free hit counters