La filosofia e le scienze*
1 Il problema del rapporto fra la filosofia e le scienze è un problema prettamente moderno. In epoca antica, infatti, filosofia e scienze erano molto più unite rispetto a oggi, tanto che i maggiori pensatori (come i Presocratici e Aristotele) erano insieme filosofi e scienziati.
2 In epoca moderna, il rapporto fra la filosofia e le scienze è sempre più stato pensato come di sostanziale opposizione fra le due culture, umanistica e scientifica.
3 In epoca contemporanea, l’opposizione sembra invece essere scomparsa, ma non per quello che sarebbe il motivo corretto, ossia per il fatto che filosofia e scienze sono complementari, non sostitutive l’una rispetto alle altre. Quasi nessuno scienziato si oppone infatti più alla filosofia, ma, principalmente, in quanto essa è ritenuta marginale nel panorama culturale, mera presenza testimoniale nei cui confronti non infierire. Nessun filosofo, poi, si oppone più alle scienze, ma, principalmente, in quanto queste ultime sono ritenute maggiormente utili sul piano tecnico-pratico. Poiché ormai, nel senso culturale comune, il piano pratico prevale sul piano teorico, le scienze prevalgono sulla filosofia. Quest’ultima addirittura, come dimostrano le sue modalità epistemologiche, analitiche, cognitive oggi dominanti, sta sempre più assumendo la forma e i contenuti delle scienze, perdendo in questo modo la propria autonomia e la propria specificità.
4 Filosofia e scienze sono fra loro complementari in quanto all’uomo sono necessarie l’una e le altre, affinché si possa giungere a una compiuta conoscenza della realtà. Così è in quanto la filosofia e le scienze possiedono un diverso contenuto, un diverso riferimento fondativo e una diversa metodologia.
5 La differenza fra la filosofia e le scienze non è stata fino ad oggi ben messa a fuoco non tanto a causa degli scienziati, che sono sempre stati molto precisi nel delimitare ciascuno il proprio campo operativo, ma a causa dei filosofi, che invece non hanno quasi mai ben definito la filosofia, lasciandola appunto informe, ossia priva di forma, e per conseguenza talvolta anche di dignità.
6 Nei principali manuali di storia della filosofia, infatti, a causa della assenza di una definizione consolidata della propria materia, le introduzioni glissano con imbarazzo davanti alla domanda “che cos’è la filosofia?”, giungendo talvolta addirittura a dichiararla come un work in progress per natura indefinibile1.
7 Questa indeterminatezza dei contorni contenutistici e formali della filosofia ha fortemente contribuito a delegittimarla nei confronti delle scienze, in maniera non corretta. La filosofia possiede infatti contenuti e forme definite, che si tratta solo di chiarire ed esplicitare. La mancanza di definizione risulta quanto più riprovevole in una disciplina che, con Aristotele, ha delineato la prima vera e propria teoria della definizione degli enti, mostrandosi fin dagli inizi non un effimero discorso esistenziale, bensì un sapere che cerca per trovare, ossia per acquisire risultati stabili.
8 Il discorso del confronto fra filosofia e scienze deve dunque inevitabilmente passare per una definizione della filosofia, ed una differenziazione della medesima dalle scienze. Occorre allora chiarire come la filosofia si differenzi dalle scienze per contenuto, fondamento e metodi.
9 Per quanto concerne il contenuto, la filosofia si occupa dell’intero, considerando la realtà nella sua totalità, mentre le scienze si occupano delle parti dell’intero, che tendono a ridurre, per studiarle meglio, in frammenti sempre più piccoli (questo vale anche per le cosiddette scienze umane o sociali). Sostenere che il filosofo si occupa dell’intero non significa affermare che si occupa di tutte le cose, ossia di ogni ente particolare, come se la filosofia costituisse solo una sorta di contenitore enciclopedico, di quadernone ad anelli in cui infilare e catalogare i fogli predisposti da ciascuna scienza. Sostenere che la filosofia si occupa dell’intero significa sostenere che essa si occupa di attribuire un senso ed un valore alla realtà nella sua universalità, a partire da quell’imprescindibile riferimento fondativo onto-assiologico costituito dall’Uomo.
10 Per quanto concerne il fondamento, la filosofia si fonda infatti sull’Uomo, scritto con la maiuscola per indicarlo come ente universale che solo sa attribuire un senso ed un valore alla realtà. Si tratta sicuramente dell’assunto più discutibile di questo articolo2, come mostra il fatto che alcune filosofie assumono il divino, o la natura, come fondamento (sebbene raramente esplicitandolo). Ciò nonostante, è proprio in quanto l’Uomo possiede una definita essenza razionale e morale3 – ossia in quanto è l’unico ente che ricerca, per potersi realizzare, non solo il soddisfacimento delle esigenze materiali, ma soprattutto il soddisfacimento delle esigenze spirituali, ossia la verità ed il bene – che la filosofia, principale attività insieme razionale e morale, assume l’Uomo come fondamento del senso e del valore4.
11 La verità, ossia – aristotelicamente – il pensiero che si conforma in maniera corretta alla realtà, ed il bene, ossia il fine verso cui ogni ente per natura tende, costituiscono i due contenuti fondamentali della filosofia. Nessuna altra scienza si occupa infatti della verità e del bene, così come nessuna altra scienza si occupa dei principi universali della realtà (quale in primis l’aristotelico principio di non contraddizione, con tutti i suoi corollari), essendo le scienze dei saperi particolari. Tutte le scienze, tuttavia, utilizzano i principi e i concetti universali che derivano dalla filosofia. Concetti quali finito e infinito, universale e particolare, parte e intero, materia e forma, potenza e atto, causa e caso, ecc. risultano strutture imprescindibili per tutte le scienze, e la loro determinazione risulta essere compito specifico della filosofia. Ciò, se non deve portare ad affermare un primato della filosofia sulle scienze, deve comunque condurre a rettificare l’opinione diffusa secondo cui la filosofia sarebbe inutile. Per potere sostenere, del resto, che la filosofia è inutile, si deve effettuare una affermazione filosofica – non basata, cioè, su alcuna scienza –, il che già di per sé dimostra che la filosofia non è inutile, ma appunto necessaria quanto meno per dirimere la questione circa la sua utilità.
12 Per quanto concerne i metodi di analisi della realtà, la filosofia utilizza principalmente il metodo dialettico, ovvero cerca di conoscere il tema di cui si occupa problematizzandolo mediante continue domande e risposte, tanto che appunto sia Platone che Aristotele sostenevano che la filosofia si può fare anche da soli, ma si fa sicuramente meglio “con-filosofando” insieme ad altri. Indubbiamente anche la filosofia, come le scienze, osserva la realtà, pone ipotesi per spiegarla formulando teorie, ed al contempo ricerca verifiche di quanto afferma. Essa, tuttavia, non utilizza il metodo sperimentale, poiché le parti della realtà non costituiscono, come detto, i suoi principali oggetti di analisi, ed il metodo deve necessariamente adattarsi all’oggetto. Per analizzare l’intero della realtà, il suo senso ed il suo valore, il metodo dialettico risulta il più adatto, mentre il metodo sperimentale risulta non utilizzabile.
13 Questa chiarificazione delle differenze fra contenuti, fondamenti e metodi della filosofia e delle scienze, costituisce la mossa preliminare necessaria affinché il confronto fra le medesime possa formularsi poi in maniera chiara. Essa spiega anche il motivo per cui la filosofia, a differenza delle scienze, è autorizzata, costitutivamente, ad assumere posizioni politiche, ossia valutative e non meramente descrittive nei confronti della realtà.
14 L’intero, la realtà, si compone per la filosofia di tre parti, fra loro connesse e da analizzare pertanto in maniera coordinata: natura, uomo e divino. Le scienze affrontano ciascuna di queste parti scomponendole in molteplici ulteriori parti5, poiché il loro compito è quello di porre in essere una descrizione quanto più possibile particolareggiata della realtà. Questa analisi condotta in termini sempre più specialistici – ponendo cioè, con metafora che si può estendere anche alle scienze sociali, il maggior numero possibile di vetrini sotto il microscopio – costituisce indubbiamente una fonte di progresso per la conoscenza. È importante tuttavia anche per lo scienziato non smarrire lo sguardo di insieme, che mostra il suo sapere come necessariamente collegato agli altri, in maniera sistematica. Per questo motivo nessun sapere può essere totalmente trascurato dallo scienziato, dato che ciò che si trova nella stanza vicina può dischiudergli risposte che nella propria stanza non si trovano. Per lo stesso motivo, lo scienziato non può nemmeno trascurare la piantina della casa, ovvero il disegno generale dell’abitazione in cui si trovano le varie stanze, ed il fine per cui la casa è stata costruita. I compiti del filosofo e dello scienziato risultano anche per questo complementari.
15 La questione del rapporto fra filosofia (intero) e scienze (parti) non deve essere impostata in termini di “primato” della prima sulle seconde, o delle seconde sulla prima. Fra intero e parti, infatti, e dunque fra filosofia e scienze, vi è come detto un rapporto dialettico di complementarità, il che rende ambedue i lati del rapporto costitutivi del medesimo, escludendo ogni impostazione della relazione in termini di “prevalenza” di uno dei due lati sull’altro6.
16 Chiarita, sebbene in termini essenziali, la tematica del rapporto fra l’intero e la parte, ossia del differente contenutodella filosofia e delle scienze, occorre ora entrare nel merito del differente riferimento fondativo, costituito per la filosofia dall’Uomo, e per le scienze dallo specifico oggetto di indagine. Non tutte le filosofie, come dicevamo, adottano in modo esplicito questo fondamento, ma esso opera in modo implicito in ogni filosofia che sia realmente tale. Esplicitare ciò che è implicito, specie se questo implicito si trova al fondamento del discorso, costituisce tuttavia un necessario atto di chiarezza, senza il quale una filosofia non può compiutamente costituirsi come tale.
17 Porre l’Uomo inteso come ente onto-assiologico – e non come mero ente biologico – quale fondamento filosofico, significa porre come fondamento l’unico ente che possiede la capacità attiva di fare filosofia, ossia di descrivere e valutare la realtà, e non solo di essere passivamente descritto, come accade a tutti gli altri enti. La filosofia, fondata sulla natura razionale e morale dell’Uomo, proprio per questo motivo può descrivere e valutare la realtà nella sua interezza, mentre le scienze possono solo limitarsi a descriverla nelle sue singole parti.
18 L’Uomo possiede l’esigenza di conoscere con verità per pensare in maniera corretta, e così facendo scegliere ed agire bene. Egli non può limitarsi, per natura – per la propria natura non solo razionale, ma anche morale –, a descrivere in maniera logicamente e fenomenologicamente corretta la realtà, come ritiene tuttora la pur gloriosa metafisica classica7, ma deve anche valutare la realtà, soprattutto nella sua componente sociale (non naturale). L’uomo, infatti, è ente insieme teorico e pratico – e la filosofia è attività teorica e pratica –, sicché in ogni atto della propria vita non può esimersi dal valutare, ossia dal giudicare se la realtà opera bene o male; e ciò per lo stesso motivo per cui non può esimersi dal mangiare, bere e respirare, ossia semplicemente per vivere. Se giudica poi che la realtà opera male, deve anche intervenire per modificarla; ciò, appunto, per non vivere male.
19 La natura razionale dell’uomo lo conduce a conoscere, così come la sua natura morale lo conduce ad agire. Fra conoscenza ed azione, ossia fra teoria e prassi, vi sono reciproci nessi costitutivi. Chi conosce con verità riesce infatti anche ad agire bene, ed agendo bene acquisisce una disposizione d’animo che lo conduce a sua volta a conoscere meglio, con maggiore verità. Il contrario accade a chi non conosce con verità, il quale agisce male, ed agendo male acquisisce a sua volta una cattiva disposizione d’animo, che non lo conduce a migliorare la propria conoscenza. La filosofia è dunque una attività teorico-pratica, che tramite la conoscenza veritativa orienta l’azione in termini di bene, ossia del fine più naturale verso cui condurre la vita8.
20 La questione del fine è una questione essenziale, poiché è il fine di una azione che ne determina l’essenza. A differenza delle scienze, che pongono il fine della totalità sociale come un dato, la filosofia non può assumere nulla come un dato, ma deve problematizzare tutto, in particolare il fine di ogni scelta di vita e soprattutto del sistema sociale, che costituisce per la filosofia il contenuto più importante. Riflettere sul fine della realtà sociale, e sul fine della propria vita nella stessa, costituisce il compito primario di ogni analisi filosofica, la quale costituisce sempre inevitabilmente anche una analisi politica.
21 La filosofia tuttavia, come ricordato, non si limita a descrivere il fine, ma, se ritiene che tale fine non sia buono – ossia non si conformi al necessario rispetto che si deve alla natura dell’uomo ed alla natura tutta –, deve anche cercare di modificarlo. La filosofia deve per questo problematizzare l’intero: per tale motivo la sua essenza è dialettica, ossia argomentativa, ovvero ogni tesi filosofica deve sempre poter essere in grado, per essere considerata valida, di sostenersi e di reggere a tutti i possibili tentativi di confutazione. Le tesi più rilevanti sono quelle che offrono il maggiore contributo alla comprensione del senso e del valore della realtà, nonché al suo miglioramento.
22 Aristotele, considerando la realtà sociale del proprio tempo, che descrisse come crematistica (finalizzata cioè alla massima acquisizione di chremata, ossia beni materiali, denaro), la ritenne innaturale, ovvero non conforme al fine della realizzazione della natura razionale-morale dell’uomo e della conservazione della physis. Se, infatti, il fine di una totalità sociale consiste nella massimizzazione del profitto privato, gli uomini e la natura diventano mezzo, strumento, merce, con tutte le conseguenze negative che attualmente vediamo all’opera, ossia una continua svalutazione degli uomini e della natura (ricerca in ogni luogo di manodopera a sempre più basso costo, di posti in cui smaltire rifiuti inquinanti a sempre più basso costo, ecc.). Se il fine di una totalità sociale è invece naturale, ossia se esso consiste nella realizzazione della buona vita di tutti, gli uomini e la natura diventano componenti costitutive di un progetto comunitario finalizzato appunto alla ricerca di buona vita, ossia al rispetto ed alla cura della natura dell’uomo e della physis tutta. Ciò vale sia sul piano individuale che collettivo, sicché la riflessione filosofica risulta necessaria sia sul piano etico che sul piano politico.
23 Proprio per questo motivo, alla filosofia devono essere lasciate le considerazioni circa il senso ed il valore della realtà. La filosofia deve cioè in primo luogo riflettere sulla felicità, ossia su quello che per natura costituisce il fine che l’uomo dovrebbe porsi nella vita. Una volta compresa la natura dell’uomo, e che la felicità consiste nella realizzazione della propria natura – pur nel rispetto complessivo del cosmo naturale, che consente la vita –, alla filosofia non resta che il compito di trovare le migliori modalità, individuali e collettive (etiche e politiche), per favorire tale realizzazione.
24 Le riflessioni precedenti mostrano che la dimensione principale della filosofia è metafisica, ossia insieme trascendentale e onto-assiologica, avente cioè a che fare con la considerazione universale del senso e del valore della realtà, mentre la dimensione principale delle scienze risulta essere particolare e logico-fenomenologica, ossia avente a che fare con la descrizione corretta e la misurazione di specifici fenomeni. Occorre in merito rilevare che, per la comprensione di ciò che ha attinenza col senso e col valore della realtà, le spiegazioni metafisiche risultano essere più rilevanti di quelle scientifiche. Pensiamo alla scelta di Socrate di rimanere a morire in carcere, nonostante gli fosse stata offerta la possibilità della fuga. Come ricordava già Platone, se spieghiamo in termini fisici, biologici, neuronali questa scelta dovremmo basarci sulla spiegazione del perché le sue ossa, i suoi muscoli, le sue sinapsi lo hanno fatto rimanere seduto in carcere. Se la spieghiamo invece in termini metafisici, ossia compiutamente filosofici, la spieghiamo nei termini di quei valori che hanno dato senso alla sua vita. Non vi è dubbio che, sul piano onto-assiologico, la seconda spiegazione sia quella più completa.
25 Il fatto che l’Uomo costituisca riferimento di senso e di valore implica che la filosofia possiede inevitabilmente un approccio politico alla realtà. Ciò emerge sin dai primi scritti dei pensatori greci che, di fronte agli importanti uomini di governo del proprio tempo – dediti come i nostri a sostenere la crematistica – considerarono negativamente coloro che pure avevano maggiormente contribuito alla ricchezza materiale della Grecia. Per Platone, in particolare, arricchimento materiale (denaro) ed arricchimento spirituale (virtù) costituiscono, per i cittadini come per lo Stato, due fini fra loro opposti, per cui perseguire l’uno equivale ad opporsi all’altro, come accade a due piatti della bilancia quando appunto si pone maggiore peso sull’uno rispetto all’altro9.
26 Questo approccio politico alla totalità sociale condusse la filosofia classica ad essere particolarmente critica nei confronti del proprio tempo, caratterizzato, come il nostro, da modalità socio-economiche privatistiche e mercificate. La forma proprietaria privata dei mezzi della produzione sociale priva infatti – ossia appunto esclude – le persone non proprietarie di quei mezzi da ogni decisione su come utilizzare i medesimi, e su come ripartirne i prodotti. La forma mercantile della distribuzione della produzione, a sua volta, mercifica i rapporti sociali, ed il mercato è l’opposto della comunità: mentre infatti nella comunità si dà solo per il semplice piacere di dare (come accade in famiglia), nel mercato si dà solo per avere in cambio qualcosa di più. Quando tutti, o la maggior parte dei rapporti economico-sociali si strutturano in maniera privatistica e mercificata, la totalità economico-sociale si struttura in maniera privatistica e mercificata, ossia escludente e alienante.
27 Ciò che Aristotele definiva una economia “naturale” non deve comunque essere ritenuto un progetto semplice da realizzare. Progettare politicamente in maniera comunitaria, coordinata al livello dell’intero pianeta, una produzione di beni e servizi essenziali in modo tale da consentire a ciascuno le condizioni minime per la realizzazione di una buona vita, costituisce infatti un problema gigantesco, che va affrontato a partire dal piano culturale, educativo, e che rimarrà sempre un problema aperto, soggetto a continui interventi10. Ciò nonostante, un simile progetto risulta un problema impostato in maniera corretta, poiché pone agli uomini il giusto fine, ed al contempo una via per ricercare i mezzi per realizzarlo in modo armonico11.
Note
1 Mi sono soffermato su questo problema in L. Grecchi, Chi fu il primo filosofo? E dunque: cos’è la filosofia? Il Prato, Padova, 2008. Ho recentemente ripreso la questione in Leggere i Presocratici, Morcelliana, Brescia, 2020.
2 Ho argomentato questa tesi, sul piano teoretico, in L. Grecchi, L’anima umana come fondamento della verità, CRT, Pistoia, 2002; Il necessario fondamento umanistico della metafisica, Petite Plaisance, Pistoia, 2005 e soprattutto in Compendio di metafisica umanistica, Petite Plaisance, Pistoia, 2017.
3 Ho argomentato questa tesi in L. Grecchi, Conoscenza della felicità, Petite Plaisance, Pistoia, 2006, con introduzione di Mario Vegetti. Sul piano storico, con riferimento al pensiero antico, ne ho trattato in Uomo, Unicopli, Milano, 2019.
4 Fondamento, nella metafisica umanistica, è concetto diverso da Principio. Il Principio è costituito infatti da ciò da cui tutto deriva, ossia da ciò che è ontologicamente primo (per la metafisica umanistica l’eterno cosmo naturale, per la metafisica classica il divino trascendente), il Fondamento è costituito invece da quell’unico ente dotato di capacità onto-assiologica (l’Uomo), da cui soltanto può derivare ogni discorso relativo al senso ed al valore della realtà.
5 Il processo di scomposizione della propria tematica vale anche per le scienze teologiche.
6 Da aristotelico, tuttavia, non posso fare a meno di notare che il tutto è per alcuni aspetti “anteriore” alla parte (es. Aristotele, Politica, I,2).
7 Emblematica in merito l’esposizione di C. Vigna, Il frammento e l’intero, Vita e Pensiero, Milano, 1999 (nuova edizione Orthotes, Napoli, 2016).
8 Mi sono recentemente soffermato su questa tematica in M. Migliori-L. Grecchi, Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli, Petite Plaisance, Pistoia, 2020.
9 Platone, Repubblica, 555 c-d; Leggi, 742 e.
10 Rinvio, per alcune interessanti discussioni in merito, a M. Migliori-L. Grecchi, Fra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli, Petite Plaisance, Pistoia, 2020.
11 Alcune indicazioni in tal senso in C. Fiorillo-L. Grecchi, Il necessario fondamento umanistico del comunismo, Petite Plaisance, Pistoia, 2013.
* Nota della redazione
La nostra rivista ha cercato sempre di essere aperta alle più varie prospettive, e lo ha mostrato pubblicando nel tempo contributi tra loro in opposizione teoretica. E pubblicando anche un testo come quello che qui presentiamo. Vita pensata ha infatti una linea di fondo che è molto lontana da quanto Luca Grecchi sostiene in un testo che si presenta come un vero e proprio Manifesto filosofico sia nei contenuti sia nella forma apodittica della scrittura.
Condividiamo, naturalmente, la centralità della filosofia e della sua struttura metafisica e auspichiamo un rapporto equilibrato e non servile con i saperi scientifici. E tuttavia Vita pensata è anche uno spazio volto a costruire un paradigma antropodecentrico ed è quindi assai critico verso qualunque forma di umanismo. Al centro del lavoro teoretico che tentiamo c’è la filosofia intesa come indagine sull’essere, la verità e il tempo, non sul bene, che è questione storicamente determinata e soprattutto del tutto vincolata all’elemento umano.
La filosofia come metafisica si occupa dell’essere e non di quella sua infima e insignificante componente che è Homo sapiens. È questa la sua natura. In caso contrario sarebbe soltanto antropologia, scienze sociali, etica.
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