Embodiment & Design delle scuole innovative
È cosa certa che le membra dell’architettura dipendono dalle membra dell’uomo. Chi non è stato o non è buon maestro di figure, e massimo di notimia, non se ne può intendere1.
Così scriveva Michelangelo Buonarroti al cardinale Rodolfo Pio da Carpi in una lettera datata intorno all’anno 1560.
Anacronisticamente per parlare di scuole innovative e ambienti di apprendimento efficaci si è ritenuto opportuno fare un viaggio indietro nel tempo allorquando si impose con forza straordinaria la certezza dell’esistenza di una stretta analogia tra corpo ed edificio.
E se l’edificio fosse una scuola e il corpo quello di un alunno? Che sfumature acquisterebbe quell’analogia e quali le conseguenze sugli apprendimenti?
La ricerca condotta ha aperto il focus su questo tema indagando il rapporto tra corpo e apprendimento, così come nel tempo si è evoluto e arricchito nel pensiero espresso dalle diverse correnti pedagogiche.
Non ci si meraviglia se il corpo (e/o il movimento che ne è una sua imprescindibile derivazione) si ritrova nel pensiero di tutti coloro che si sono occupati di insegnamento e di apprendimento. D’altra parte la scuola aristotelica non era detta peripatetica proprio perché maestro e discenti discutevano camminando? O come si può obiettare a chi sostiene che per insegnare bisogna sempre rammentarsi che qualsiasi concetto è stato originato da un’azione, per dirla con Piaget? O ancora, come non essere d’accordo con la Montessori quando afferma che la mano «è l’organo dell’intelligenza»2?
Se non è questa la sede per addentrarci nello specifico delle diverse teorie pedagogiche, possiamo però affermare che certamente l’importanza del corpo, nelle sue molteplici declinazioni, nei processi di insegnamento/apprendimento, ha vissuto momenti di maggiore fortuna alternati ad altri che hanno relegato il corpo nella scuola esclusivamente all’interno di alcuni ambiti precisi, primo tra tutti quello dell’educazione fisica.
Il corpo è rimasto così impigliato nella rete della parcellizzazione dei saperi mentre può essere proprio considerato come una sorta di “collante” tra il mondo esterno e la comprensione dei fenomeni da parte degli alunni, uno “strumento” trasversale per l’apprendimento.
Oggi è il tempo della rivincita, in quanto nella prospettiva del nuovo Umanesimo invocato dalle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, il corpo è indicato tra i grandi oggetti della conoscenza che occorre «insegnare a ricomporre […] in una prospettiva complessa, volta cioè a superare la frammentazione delle discipline e a integrarle in nuovi quadri d’insieme»3.
Ancora nelle Indicazioni Nazionali, in relazione a “il corpo e il movimento”, si afferma in modo inequivocabile che «i bambini prendono coscienza del proprio corpo, utilizzandolo fin dalla nascita come strumento di conoscenza di sé nel mondo. Muoversi è il primo fattore di apprendimento: cercare, scoprire, giocare, saltare, correre a scuola è fonte di benessere e di equilibrio psico-fisico»4.
Ecco quindi compiuto un ulteriore passo in avanti: non soltanto è fuori discussione che si apprenda attraverso il corpo, ma viene rilanciato il principio secondo il quale attraverso di esso e il suo movimento si raggiunge anche il ben–essereinteso come ben-stare presupposto del ben-agire, non meno importante del ben-sapere.
Una visione ancora più globale ed inclusiva rispetto al solo traguardo raggiunto parlando di “sapere incorporato” o di “pedagogia del corpo”.
Per non parlare poi delle nuove frontiere aperte dalle neuroscienze che legano corpo-cervello-mente in un rapporto che sembra, in alcuni casi, addirittura poter prescindere da qualsiasi insegnamento: i neuroni specchio hanno rivelato infatti l’esistenza di quella che ormai è nota come conoscenza senza conoscenza.
Quali altre sfumature indagheremo ancora riguardo al rapporto corpo-apprendimento visto che gli studi in proposito sembrano non esaurirsi mai e al contrario appaiono arricchirsi di nuove teorie che seguono le numerose sperimentazioni che si attuano in tutto il mondo sull’argomento.
Più recente è invece lo studio sul rapporto tra spazi di apprendimento fisici e livelli di apprendimento. Anche questo binomio è stato approfondito nella ricerca partendo dalla definizione del concetto di ambiente di apprendimento per poi limitare al suo interno quello di ambiente “fisico” di apprendimento e giungere a quegli studi che hanno stabilito quantitativamente gli effetti di quest’ultimo sui risultati scolastici degli alunni aprendo al ripensamento delle nostre scuole trasformandole nelle cosiddette scuole innovative.
Anche in questo caso ci limiteremo a ricordare che nelle Indicazioni Nazionali del 2012, l’ambiente di apprendimento è definito come «un contesto idoneo a promuovere apprendimenti significativi e a garantire il successo formativo per tutti gli alunni»5 e che il termine “ambiente” è solo una metafora per indicare appunto un contesto nel quale si attiva, si costruisce, si supporta l’apprendimento e si dà un senso alle proprie conoscenze6.
L’ambiente di apprendimento è quindi multidimensionale in quanto è possibile distinguere in esso una dimensione materiale e organizzativa, una dimensione didattica e una dimensione relazionale. Non è solo spazio fisico (quello che fino a pochi anni fa si faceva coincidere esclusivamente con l’aula) ma “anche” spazio fisico. Uno spazio che insegna e che fa apprendere meglio e di più. È lo spazio che Loris Malaguzzi definiva come il terzo educatore7 assieme a scuola e a famiglia.
Non si può fare a meno di citare la ricerca di P. Barrett dell’Università di Salford secondo la quale è addirittura possibile misurare un miglioramento del 16% nei risultati di apprendimento degli studenti quando esso avviene in spazi educativi di migliore qualità8.
Se è vero che esiste quindi una stretta relazione tra corpo e apprendimento (nel senso che il corpo ha un ruolo importantissimo nel favorire i processi di apprendimento) e se è anche vero che esiste un legame significativo tra apprendimento e spazi educativi (dato che i risultati degli studenti migliorano con l’innalzamento della qualità degli spazi fisici), allora è possibile avventurarsi in una sorta di sillogismo (secondo le regole del ragionamento logico) o, meglio ancora, servirsi della proprietà transitiva (secondo le regole della matematica) e assumere anche la fondatezza dell’esistenza di un nesso imprescindibile tra corpo e spazi educativi.
Ecco quindi che ritorniamo alle intuizioni michelangiolesche di un’architettura che non può prescindere dal corpo e della nostra convinzione che l’architettura scolastica necessita ancor più, per la peculiarità delle sue finalità, di uno stretto legame con il corpo.
Come può estrinsecarsi la relazione tra ambiente di apprendimento fisico e corpo?
La risposta è molteplice ma si è scelto di focalizzarsi solo su quattro aspetti che si ritengono principali:
a) La scuola che coinvolge il corpo
b) La scuola come un corpo
c) La scuola a misura del corpo
d) La scuola invecchia come un corpo.
Ovviamente si tratta di una classificazione funzionale all’esame della problematica da diversi punti di vista sempre però nella consapevolezza che tali aspetti possono essere (e quasi sempre lo sono) tra loro interconnessi.
Sul primo aspetto, la scuola che coinvolge il corpo, è già stato detto in apertura allorquando si è accennato alle diverse correnti pedagogiche che hanno esplorato quanto sia maggiormente efficace l’apprendimento che passa attraverso il corpo, il movimento, l’azione e il fare. A tal riguardo, dal punto di vista degli ambienti fisici, le scuole innovative hanno cura di tutti gli spazi che costituiscono l’edificio “scuola” rendendoli più confortevoli e attraenti.
Gli spazi educativi dovranno in primo luogo essere flessibili per offrire all’insegnante la possibilità di scegliere il setting formativo che più ritiene adatto all’attività da svolgere con gli studenti, valutando tutti gli elementi che possono amplificare il proprio stile comunicativo. Sarebbe quindi opportuno, nell’ambito di una progettazione partecipata, che il progettista collabori strettamente con il docente nella predisposizione degli spazi didattici tenendo in considerazione le leggi della prossemica e quelle della cinesica. In questo modo tra docenti e discenti si potrà creare un collegamento privilegiato che arricchisca il dialogo educativo. Di fatto, i rapporti comunicativi, le modalità di comportamento degli alunni e le dinamiche di classe possono sicuramente trarre giovamento da un ambiente ben costruito9, da una spazialità che rispetta la corporeità.
Ne consegue che la classe del futuro può conformarsi diversamente ogni giorno e nello stesso giorno in più modi diversi alla stregua degli schemi che una squadra di calcio adotta nell’affrontare un avversario e che poi muta durante lo svolgimento della partita a seconda delle evenienze. Fondamentale è avere contezza che lo spazio educativo non è mai fine a se stesso ma è parte di un progetto educativo sempre in evoluzione così come anche il corpo degli alunni.
Nella scuola dell’infanzia e nella primaria, l’edificio scolastico può poi adattarsi ancora più facilmente al corpo cosicché la stessa struttura, le pareti e la pavimentazione possono coinvolgere i bambini e invitarli al gioco e alla scoperta. Il riferimento immediato è al Nido Iride di Guastalla (RE), progettato dall’architetto Mario Cucinella, che è stato definito la scuola più bella del mondo10 per le sue forme sinuose che ricordano il ventre della balena nella quale Collodi fa rincontrare, dopo diverse peripezie, Pinocchio e Geppetto. Una scenografia fantastica che accoglie bambini e insegnanti e che si presta a fare da sfondo a metodologie didattiche innovative.
Non si devono poi tralasciare gli spazi didattici che giocano con i sensi anche attraverso l’uso sapiente dei colori: il linguaggio dei sensi è universale e quindi compreso da tutti in un’ottica di scuola aperta e inclusiva. Altrettanto attentamente infine occorre progettare i collegamenti orizzontali e verticali (che esprimono movimento), gli spazi di relax e quelli per l’apprendimento informale, gli spazi di relazione e quelli esterni alla scuola che fanno parte di un unico “corpo”: quello dell’edificio scolastico.
La scuola può poi essere vista come un corpo essa stessa. Ce lo ricorda anche la pedagogista B. Weyland.
Questa unità, questo sistema, ha una sua concreta trasposizione nella fisicità della scuola: il suo edificio, i suoi ambienti, gli arredi, gli oggetti, raccontano tutti in modo molto chiaro, fenomenologico, le qualità del suo carattere, lo stile didattico vissuto, i valori di riferimento. Cogliendo e trasponendo il messaggio di Helmut Plessner […] sull’importanza dell’unità mente-corpo, è possibile spiegare la fisicità della scuola giocando sulla metafora del corpo. Come l’uomo, anche la scuola è un corpo e ha un corpo: è il suo edificio, lo sono i suoi arredi e gli oggetti che essa contiene. Ha un corpo fisico (Korper) e un corpo vissuto (Leib) ed è quell’ente che sente se stesso, attraverso l’intrecciarsi di esperienze fatte con i cinque sensi. Essere, darsi, possedersi. Il corpo (la materialità) della scuola esprime il vero darsi del suo essere11.
La stessa pedagogista, pensando alla scuola come un corpo, esplora le declinazioni fisiche ed espressive degli edifici scolastici: la corporatura è la facciata della scuola, l’ossatura il “corpo” docente, il sistema nervoso è rappresentato dalle connessioni mentre le scelte architettoniche ne svelano il carattere. Scopriamo che la scuola ha un metabolismo, lento rispetto alla società, e che possiede un baricentro che tradizionalmente coincide con l’aula. La scuola, ancora, possiede sia una sonorità (gli echi, il risuonare) sia i sensi (forma e colore, dimensione tattile e acustica).
L’aspetto successivo, la scuola a misura del corpo, è sicuramente quello fondamentale per la sicurezza e il benessere degli alunni.
Si potrebbe riprendere l’immagine dell’uomo vitruviano e sostituire il corpo disegnato da Leonardo con quello di un alunno così da rendere universalmente comprensibile il messaggio che lo spazio educativo deve essere proporzionato tenendo conto delle caratteristiche fisiologiche e anatomiche dell’utenza.
L’ergonomia a scuola permette agli studenti di non assumere posture scorrette prevenendo disturbi e patologie muscolo-scheletriche12.
Le norme UNI13 definiscono attraverso i colori le “taglie” (da 0 a 7) di banchi e di sedie ossia le dimensioni che questi arredi “da lavoro” devono possedere in relazione all’età degli studenti e quindi alla loro corporatura.
Tavoli e sedute dalle misure perfette sono essenziali per un corretto sviluppo psicofisico dei ragazzi, oltre che per garantire un’esperienza d’uso pratica e confortevole. Non dobbiamo dimenticare poi che alcuni arredi sono appositamente studiati per gli alunni ipovedenti (tavoli ergonomici per ipovisione) o per gli studenti che utilizzano la sedia a rotelle (tavoli da lavoro con incavo).
Non solo comunque le dimensioni dell’arredo scolastico (banchi, sedie, cattedre, tavoli attrezzati) ma anche le proporzioni degli ambienti, le aperture, i percorsi interni nonché gli spazi esterni devono essere però a misura di bambino/alunno/studente. Viceversa altri elementi, come ad esempio le cattedre, vanno pensate anche a misura di insegnante.
La scuola a misura del corpo significa anche “rispetto” del corpo negli spazi della scuola. Ciò comporta la rimozione delle barriere architettoniche nella logica dell’Universal Design. Quest’ultimo termine, nato nel contesto architettonico, è oggi sempre più utilizzato anche nel contesto scolastico. Universal Design for Learning (UDL) sta a indicare le metodologie didattiche inclusive: ancora una volta la dimostrazione che spazi didattici e corpo devono essere tra loro “sintonizzati” per tendere sempre più a quell’istruzione di qualità che rappresenta il Goal 4 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Non meno importante è l’ultimo punto, quello relativo al ciclo di vita dell’edificio scolastico: la scuola invecchia come un corpo.
La scuola infatti è un edificio che, come tutti gli altri, necessita di continua manutenzione per mantenerne valida la sua funzionalità. La scuola però, ancor di più degli altri edifici, deve essere soggetta oltre all’ordinaria manutenzione anche alle verifiche strutturali e impiantistiche per valutarne la sicurezza. È necessario anche il continuo adeguamento alle normative di settore.
Gli edifici scolastici rientrano peraltro tra le strutture rilevanti per finalità di protezione civile: la scuola deve essere infatti un luogo sicuro per gli alunni e per chi lavora al suo interno.
Negli ultimi anni gli investimenti nell’edilizia scolastica sono cresciuti notevolmente: migliaia sono gli interventi che sono stati completati o in via di completamento mentre altri devono ancora iniziare usufruendo delle molteplici linee di finanziamento, in primo luogo quelle specifiche del MIUR (ora Ministero dell’Istruzione)14.
Sul sito del Ministero è possibile in tempo reale verificare i diversi cantieri e lo stato di attuazione dei progetti nell’ottica degli open data e della rendicontazione sociale15.
Non si ritiene opportuno entrare nello specifico di tutte le azioni previste per l’edilizia scolastica in quanto, come per gli altri punti trattati, è sufficiente aver indicato alcune “piste” da percorrere per chi volesse approfondire l’argomento.
Se si vuole riportare al centro dell’azione didattica l’alunno e innalzare la qualità dell’insegnamento ai fini del miglioramento dei risultati scolastici, non si potrà prescindere dallo spazio educativo fisico sempre più parte di un progetto educativo a tutto tondo nel quale ricomprendere il corpo, da troppo tempo confinato quasi esclusivamente nelle palestre durante le ore di attività motorie.
A conclusione – quasi a chiudere l’ensō16 – mi piace pensare che sia davvero di Michelangelo l’affermazione a lui attribuita «Ancora imparo». Soltanto due parole, sì, ma che allargano i confini della ricerca collegando il corpo, la mente, lo spazio e anche il tempo.
Note
1 AA.VV., Raccolta di lettere sulla pittura, scultura et architettura, scritte da’ più celebri professori che in dette arti fiorirono dal secolo XV. al XVII.- Eredi Barbiellini, Roma 1754, p. 9.
2 M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, Garzanti, Milano, 1950, p. 262.
3 AA.VV., Annali della pubblica Istruzione, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione 2012 Numero speciale, Anno LXXXVIII, Le Monnier, Firenze, 2012, p. 11
4 Ivi, p. 25
5 Ivi, p. 34.
6 Si veda anche sullo stesso argomento: L. Cavalieri, «Scuole innovative. Nuovi scenari» in Vita pensata, Anno IX N.20, 2019, pp. 16-20
7 Cfr. L. Rossi, Loris Malaguzzi. L’uomo che inventò le scuole dell’infanzia più belle del mondo, Compagnia Editoriale Aliberti, Correggio (RE) 2018.
8 Cfr. P. Barrett, Y. Zhang, F. Davies, L. Barrett, Clever Classrooms: Summary Report of the HEAD Project, Project Report, University of Salford, Manchester 2015.
9Si veda la Teoria del Campo di Kurt Lewin (1936).
10 Il Nido di Guastalla ha ricevuto il Premio Speciale “Sterminata Bellezza” di Legambiente nel 2015 nonché il Premio Lignus 2017 quale miglior progetto per la categoria edilizia scolastica e la Special Mention 2016 nella categoria Educational de Architizer A+ Awards.
11 B. Weyland, Dwelling schools. La corporeità della scuola tra pedagogia e architettura, in I castelli di Yale online, IV, 2016, 1, pp. 152-153
12 Cfr. AA.VV., Ergonomia a scuola A scuola di ergonomia Programma educativo sull’ergonomia scolastica rivolto ai bambini della scuola primaria, INAIL, Milano 2011
13 UNI EN 1729-1 “Mobili – Sedie e tavoli per istituzioni scolastiche – Parte 1: Dimensioni funzionali” (45) e UNI EN 1729-2 “Mobili – Sedie e tavoli per istituzioni scolastiche – Parte 2: Requisiti di sicurezza e metodi” (46)
14 Le principali linee di finanziamento del Ministero dell’Istruzione attualmente sono: Programmazione Nazionale, Mutui BEI, Scuole Sicure, Scuole Antisismiche, Fondo Comma 140, #scuole innovative, Poli per l’Infanzia, Indagini Diagnostiche, Verifiche Vulnerabilità Sismica, Progettazione di Interventi di Messa in Sicurezza di edifici scolastici, Piano Antincendio, Piano Palestre, Sisma 120, Scuole Belle, Scuole Nuove, Alluvione Sardegna 2013, Fondi PON.
15 Per un approfondimento o una ricerca si rinvia il lettore ad esaminare la sezione I numeri di al seguente indirizzo web: https://www.istruzione.it/edilizia_scolastica/index.shtml (ultima visita il 25.1.2020)
16 Per ensō (円相, in giapponese “cerchio”) intendiamo l’immagine di un cerchio che molto spesso ricorre nell’arte Zen. «Ciascun haiku è come un cerchio, di cui una metà è frutto del lavoro dello haijin, chiudere il cerchio è però compito del lettore» Ogiwara Seisensui (1884–1976).
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