Scuola e Museo: progettare e valutare itinerari didattici per la valorizzazione del patrimonio culturale

Di: Giovanni Frontera e Sonia Sapia
30 Settembre 2019

 

Lo studio empirico degli eventi presenti nell’azione educativa caratterizza la pedagogia sperimentale come disciplina rivolta all’indagine dei fenomeni educativi. La ricerca in campo pedagogico può avere implicazioni non solo negli ambiti più vicini alla didattica generale, ma anche in ambito museale, partendo dall’attività educativa del museo fino ad arrivare all’analisi degli aspetti affettivi e cognitivi1.

Le Indicazioni Nazionali per il curricolo2 suggeriscono l’integrazione dei percorsi didattici con il contributo del patrimonio culturale e scientifico presente sul territorio ed esterno all’istituzione scolastica. Il docente del nuovo millennio, seguendo le suddette Indicazioni, realizza un percorso metodologico condiviso e basato sui punti seguenti, suddivisi in aree.

AREA DELL’IDENTITÀ
Conoscenza di sé, autocontrollo e rispetto delle regole
Relazione con gli altri
Orientamento

AREA AFFETTIVA
Impegno
Partecipazione
Organizzazione

AREA COGNITIVA
Conoscenza
Comprensione
Produzione
Capacità di giudizio

Per realizzare un percorso metodologico efficace, atto a garantire i traguardi formativi attesi, non è sufficiente far riferimento solo alla lezione frontale che si svolge quotidianamente in classe, ma è necessario anche elaborare un programma delle visite didattiche, che è parte integrante delle attività legate al curricolo e che costituisce un arricchimento dell’azione didattica educativa. Gli insegnanti costruiscono oggi l’intero percorso didattico fruendo del patrimonio culturale attraverso le visite ai musei3.

L’oggetto museale rappresenta un mezzo educativo privilegiato e il museo diviene un ambiente di apprendimento nel quale poter condurre i bambini durante il percorso didattico iniziato e sviluppato in classe. I popoli, le vicende del passato, gli strumenti, le invenzioni diventano concreti attraverso le collezioni, gli oggetti, le testimonianze custodite nell’ambiente museale. L’alunno, attraverso i percorsi tematici e la spiegazione dell’esperto, viene coinvolto nella scoperta della storia antica, delle scienze, dell’arte e della tecnologia in un contesto sicuramente più accattivante rispetto all’aula in cui vive quotidianamente il suo ruolo di discente. L’insegnante nel contempo, durante la visita didattica, ha un punto di vista privilegiato nell’osservazione dell’alunno: potrà verificarne lo sviluppo in ambito cognitivo, affettivo e dell’identità. Il bambino dovrà rispettare le regole e relazionarsi con gli altri in modo corretto (area dell’identità); dovrà organizzare con il gruppo classe l’uscita didattica, pensare al corredo scolastico necessario durante la visita e supportare i compagni in difficoltà (area affettiva); dovrà infine documentarsi, preparare eventuali domande da porre all’esperto, selezionare gli oggetti museali che più lo interessano e approfondire le informazioni relative all’oggetto stesso (area cognitiva). Ecco che lo spazio del museo si trasforma in un libro aperto, in cui l’allievo si immerge alla ricerca di quegli oggetti che la sua memoria visiva ha catturato tra le pagine dei libri di testo. I bambini possono cogliere dettagli e stupirsi delle loro stesse considerazioni, prendere appunti come veri reporter e fare schizzi sui blocchi, in modo che nessuna traccia del loro percorso vada smarrita, dimenticata.

Le forme di comunicazione tradizionali dell’oggetto museale, come i pannelli esplicativi e le guide che accompagnano i bambini nel percorso interno, sono certamente interessanti e istruttive, ma dall’esperienza fatta sul campo, la pratica laboratoriale è la forma più efficace ed entusiasmante di costruzione del sapere. Per tale ragione, il team dei docenti, al momento di arricchire l’offerta formativa con percorsi didattici esterni, predilige i musei che offrono sezioni didattiche in cui gli studenti vengono coinvolti in attività manipolative e di interazione con gli oggetti museali e in laboratori del “saper fare”, con l’obiettivo di favorire la comprensione, la produzione e la capacità di giudizio dei bambini (area cognitiva).

Il rapporto tra scuola e museo, anche mediante la fruizione dei supporti digitali, arricchisce l’offerta formativa rivolta agli studenti di ogni ordine di scuola e di età. Il museo è il luogo dove la cultura integrata trova la sua massima espressione, attraverso l’osservazione di oggetti e la possibilità di interagire con essi si conoscono e si interpretano le leggi scientifiche che ne hanno permesso la realizzazione e il funzionamento; al museo lo studente può rintracciare, mediante la fruizione degli oggetti esposti, la visibilità materica di ciò che ha teoricamente appreso in collegamento con le discipline curricolari4.

L’introduzione negli ultimi anni degli exhibite l’attenzione al metodo pedagogico “hands on5 ha reso il processo divulgativo dei musei efficace e attrattivo, rendendo necessario un rapporto costante e ben strutturato tra scuole e musei. Per sfruttare al meglio le potenzialità di questa rete bipolare, è fondamentale preparare gli studenti alla visita e favorire un maggiore interscambio di informazioni tra insegnanti ed esperti del museo. Tale collaborazione è strumento idoneo a favorire il superamento di una didattica tradizionale basata sulla trasmissione/recezione dei contenuti, che risultano il più delle volte frammentari e superficiali – a volte obsoleti – a vantaggio della creazione di un ambiente di apprendimento stimolante e motivante per allievi e docenti. L’obiettivo è creare un percorso comune che intrecci sapere formale e non formale, centrato sulla didattica laboratoriale e sull’apprendimento di tipo collaborativo, utilizzando il patrimonio museale. Il dialogo tra docenti ed esperti aiuta a costruire, in modo strutturato e dettagliato, un percorso didattico relativo all’insegnamento e all’approfondimento delle discipline curricolari e costituisce un arricchimento per il docente, i cui insegnamenti avranno poi una ricaduta sulla crescita cognitiva dell’alunno.

 

Museo ed educazione al patrimonio
Il Museo come istituzione ha una storia recente. Nasce per merito di donazioni private e nel tempo si è arricchito trasformandosi in un vero e proprio ambiente educativo. La funzione formativa e divulgativa dei musei è stata riconosciuta a livello internazionale da UNESCO e ICOM. Nello statuto di quest’ultima organizzazione, il museo è definito come «un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, e le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto»6.

Già nel 1998, l’indicazione del Consiglio d’Europa agli Stati membri andava nella stessa direzione:

L’educazione al patrimonio si riferisce alla modalità di insegnamento basata sul patrimonio culturale, che includa metodi educativi attivi, una proposta curricolare trasversale, un partenariato tra i settori educativo e culturale che impieghi la più ampia varietà di modi di comunicazione e di espressione; l’educazione al patrimonio, che è per sua natura trans-curricolare, dovrebbe essere promossa con la mediazione di diverse discipline ad ogni livello e per ogni tipologia di insegnamento7.

I musei quindi adottano un approccio attivo, producendo all’interno del loro spazio, percorsi in grado di coinvolgere il pubblico legando la funzione di intrattenimento e di divulgazione a quella didattica. Come in ambito scolastico, anche nel museo, quale ambiente di apprendimento non formale, si applica l’approccio socio-costruttivista che pone il soggetto – nel nostro caso il discente – al centro del processo formativo (learner centered) in alternativa all’insegnante quale depositario indiscusso del sapere (teacher centered). L’individuo si forma attraverso il percorso di scoperta del sapere e non soltanto attraverso il trasferimento dei contenuti. Tale approccio trova validità partendo dalla teoria dell’Experential Learning elaborata da David Kolb che conferisce all’esperienza concreta e all’osservazione riflessiva un ruolo centrale nel processo di apprendimento8. In un museo, i visitatori attivano diverse modalità all’interno degli spazi espositivi9. Diventa importante non soltanto la conoscenza acquisita durante la visita, ma anche il modo in cui il visitatore si accosta a tale esperienza e lo stile con cui si approccia. Fondamentale in questo contesto diviene anche la definizione e il significato che possono acquisire gli oggetti esposti. Essi, in relazione alla specificità del luogo in cui sono inseriti o alla peculiarità della disciplina a cui sono collegati o al loro scopo, possono essere declinati in cose, manufatti, artefatti, macchine, opere, beni, arnesi, macchinari, materiali, apparati, attrezzi, capolavori, strumenti, utensili, congegni, apparecchiature, dispositivi, marchingegni, reperti. L’oggetto museale ha notevole potenzialità informativa per le sue caratteristiche fisiche e materiali, per la sua collocazione geografica, per il suo scopo o per la sua funzione, per il contesto nel quale è inserito, per la sua relazione con diverse discipline di studio o di ricerca. Arrivare al museo con un bagaglio culturale già sviluppato può sicuramente attivare ulteriori curiosità stimolando la ricerca di conoscenza utile all’apprendimento.

L’intervento educativo mirato eleva il museo a sede di studio e di ricerca scientifica. La visita deve integrare il curricolo attraverso sezioni didattiche rivolte a studenti di ogni fascia di età e ordine di scuola, arricchendo il profilo culturale di ciascuno. Compito della didattica museale è creare una mediazione tra il visitatore e l’oggetto museale, strumento funzionale al processo di insegnamento-apprendimento, collocato in un luogo che non è solo di tutela e conservazione di opere e manufatti. In un processo così complesso, è importante ricordare le quattro funzioni principali di un intervento didattico e considerarle nell’ambito della didattica museale10:

incentivazione affettiva, l’allievo in un luogo diverso dalla classe continua il suo percorso didattico e riconosce l’ oggetto che ha già studiato e che ora contestualizza;

comunicazione culturale, la visita museale costituisce un modo diverso per affrontare un argomento studiato in classe. La comunicazione culturale rappresenta un riepilogo di quanto l’allievo già sa, arricchito di elementi nuovi (brevi cenni sulla storia del museo, per esempio), in modo da consolidare le conoscenze acquisite;

interiorizzazione delle conoscenze, nel luogo museo le conoscenze rielaborate, grazie alle sezioni didattiche in cui l’allievo è coinvolto attivamente dagli esperti, si trasformano in competenze;

valutazione, è auspicabile che gli insegnanti, al termine del percorso didattico-museale, inseriscano nella verifica domande che aiutino a capire quale impatto l’esperienza museale abbia avuto sugli allievi, per poi attuare eventuali correttivi nell’organizzazione della visita stessa.

Alla luce di quanto scritto, le proposte di trasmissione di conoscenze da parte dei musei, per avere valenza didattica, devono svolgere le seguenti funzioni:

– favorire la disposizione affettiva verso l’apprendimento;

– trasmettere le conoscenze necessarie;

– consentire il consolidamento;

– assicurare la verifica;

– predisporre una compensazione individualizzata.

La comunicazione didattica, così strutturata, prevede un tempo di intervento fatto da un prima,durantee dopo, tramite verifiche periodiche per accertare il successo del percorso ed eventualmente intervenire con strategie compensative.

Il percorso didattico, che prevede interventi in ambito museale, rinvia anche alla pedagogia sperimentale che analizza i problemi educativi prevedendo interventi sul campo attraverso ricerche descrittive che abbiano come soggetto di indagine lo studio del comportamento e delle caratteristiche del visitatore, ricerche di previsione che tramite l’identificazione di indicatori giungano a definire il profilo dei visitatori, ricerche di miglioramento che attraverso l’inserimento di una variabile indipendente analizzino gli effetti di queste sulle variabili dipendenti, e infine ricerche esplicative che interpretino un fenomeno utilizzando i dati derivanti dalle ricerche precedenti.

La ricerca in ambito museale, supportata dalla pedagogia sperimentale, dà l’opportunità di formulare proposte mirate ed efficaci rivolte a un pubblico eterogeneo che comprende studenti di ogni età e adulti.

 

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Note

1Cfr. E. Nardi, Forme e messaggi del museo, Milano, FrancoAngeli, Milano 2011.

2AA.VV., «Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione» in Annali della Pubblica Istruzione, Numero speciale, Le Monnier, Firenze 2012.

3Si veda anche: S. Sapia, V. Ferrara, «Al Museo per fare didattica», in education 2.0, disponibile all’indirizzo web: www.educationduepuntozero.it/community/al-museo-fare-didattica-collaborativa-4068384227.shtml (ultima visita 21 settembre 2019).

4Cfr. V. Ferrara, «Il Museo universitario come strumento di formazione», in BTA. Bollettino Telematico dell’Arte, n. 196, 11 luglio 2000.

5Il metodo pedagogico handson, comune a tutti i musei dei bambini, si riferisce all’’educazione non formale che stimola la capacità del bambino di apprendere tramite l’esperienza diretta, dando supporto allo sviluppo cognitivo e alla valorizzazione del talento creativo del bambino.

6L’International Council of Museums è l’organizzazione internazionale dei Musei e dei professionisti museali. È stata costituita nel 1946 sotto l’egida dell’Unesco. Si rinvia alla pagina web della definizione:http://www.icom-italia.org/definizione-di-museo-di-icom/ (ultima visita 20 settembre 2019).

7L’educazione alla cittadinanza europea e la formazione degli insegnanti (La educaciòn de la ciudadania europea y la formaciòn del profesorado)

8Cfr. D.A. Kolb, Experiential learning – Experience as the source of learning and development,Prentice Hall, New Jersey 1984.

9Cfr. J. Marie, «The role of object-based learning in transferable skills development» in University Museums and Collections Journal, n. 3, 2010, pp. 187–190.

10Cfr. E. Nardi, Forme e messaggi del museo, FrancoAngeli, Milano 2011, pp. 27-29 e pp. 69-70.

 

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