La Fenomenologia come ontologia del tempo

Di: Alberto Giovanni Biuso
27 Luglio 2019

 

Fenomenologia è temporalità

Il tempo è la questione stessa della fenomenologia. Husserl lo afferma e lo ripete di continuo.
Lo fa ad esempio in Erfahrung und Urteil (Esperienza e giudizio dove scrive che «tutti gli individui percepiti e mai percepibili hanno in comune la forma del tempo. Questa è la forma fondamentale, la forma di tutte le forme, il presupposto di tutte le connessioni che costituiscono un’unità. Forma significa qui però fin dapprincipio il carattere che necessariamente precede ogni altro nella possibilità di un’unità intuitiva» (ES, § 38, p. 393; i corsivi sono sempre di Husserl)1.
Contrariamente a una diffusa convinzione spesso ripetuta negli studi su Husserl, la logica trascendentale costruita e descritta dal filosofo è anche un’ontologia per la quale l’interezza di un ente consiste nel suo essere un oggetto temporale la cui unità è costituita dalle relazioni divenienti che lo intessono e la cui identità è data dal suo fluire e mutare in un presente ogni volta rinnovato.
L’essere è la struttura totale e non percepibile, sulla quale si stagliano gli enti individuali, che sono invece coglibili tramite uno o più dei nostri sensi. Condizione della percezione è il tempo come struttura oggettiva che unifica la pluralità degli enti individuali, la cui posizione nello spazio è data anche dal loro esistere insieme nel tempo, il quale è in relazione con la mente ma non dipende da essa. Infatti «ogni cosa che appare originariamente, anche se appare in un contrasto, ha perciò la sua posizione temporale determinata: cioè essa non ha solo in sé un tempo fenomenale, dato nell’oggettività intenzionale come tale, ma anche il suo posto fisso nell’unico tempo oggettivo» (ES, § 38, p. 391).

 

S. Leta, Boxboy, acrilico su tela, cm 80x80

Al tempo universale della natura, a quello oggettivo e insieme fenomenico dei singoli enti percepiti si aggiunge il tempo dei ficta. Anche i sogni, le fantasie, gli enti di immaginazione possiedono infatti una loro temporalità. Si può dire che la differenza tra percezioni e ficta è di ordine temporale. I ficta -quelli onirici ad esempio- sono tali anche perché non presentano una relazione cronologica oggettiva e costante gli uni rispetto agli altri. E tuttavia anche il fantasticato è sempre temporale -«Immer ist das Phantasierte ein Zeitliches» (ES, § 39, p. 402)- pur essendo «eine Quasi-zeit» (ES, § 39, p. 404), un tempo-come-se.
Natura universale, enti individuali, sogni e ficta hanno e sono tempo. E gli enti geometrici? E i numeri? L’eternità di tali strutture è in realtà anch’essa una forma del tempo. Sovratemporalità e onnitemporalità (ÜberzeitlichkeitAllzeitlichkeit) sono forme del tempo che non hanno durata, che non cominciano in un punto per finire in un altro, e tuttavia anche gli enti stabili nel tempo sono appunto stabili nel tempo. Il loro essere in tutti i tempi e in nessun particolare tempo non costituisce una posizione fuori dal tempo ma «eine ausgezeichnete Gestalt der Zeitlichkeit», una speciale forma della temporalità  (ES, § 64, p. 636).
Tutto questo significa e implica che l’identità di ogni ente, in qualsiasi modo esso sia costituito, è data dalla modalità e posizione che il suo esserci assume nel tempo. Come nelle lezioni  sulla coscienza interiore del tempo e nelle Ideen, anche in Esperienza e giudizio Husserl mostra che il tempo è «la forma ineliminabile delle realtà individuali» (FT, 279). La Zeitigung, la temporalizzazione, è l’altro nome dell’essere.
Esperienze e giudizi vivono nelle strutture temporali della «ursprünglicher Präsentation, Retention und Protention», della presentazione, ritenzione e protensione originarie (ES, § 19, p. 184); in esse hanno la loro unità, fecondità prassica, comprensibilità gnoseologica, tonalità esistenziale. Dal tempo come memoria emergono i significati e i loro effetti. Una memoria non sempre e non solo consapevole e volontaria, ma scaturente da una potenza temporale che Husserl descrive in modi che si possono definire proustiani, i modi della memoria involontaria:

Mediante il collegamento associativo anche i mondi non viventi del ricordo acquistano una specie di essere, nonostante non siano viventi: qui un ente presente ‘suscita’ uno passato e raggiunge un’intuizione e un mondo intuitivo sommersi. […] Questa ‘suscitazione’ (Weckung) che si irraggia dal presente e si volge a far rivivere il passato, è possibile perché già tra l’eguale e il simile si è prima costituita passivamente un’unità sensibile, unità nel ‘subconscio’ (Unterbewußtsein), la quale connette le diverse posizioni delle intuizioni effettive e di quelle sommerse. Pertanto le posizioni e le eguaglianze e le somiglianze sono costantemente attraversate da collegamenti e il ‘suscitare’, il ricordare un ente anteriore, non è altro che il far rivivere qualcosa che c’era prima. […] Tutti questi eventi di suscitazione e di collegamento (Weckung und Verknüpfung) associativi si verificano nel dominio della passività senza alcuna aggiunta da parte dell’io. Da ciò che è presentemente percepito si irraggia una suscitazione e i ricordi ‘riaffiorano’ (‘steigen auf’) sia che noi lo vogliamo o no. (ES,§ 42, pp. 429-431)

Qualunque sia la struttura, la genesi, il modo d’essere degli enti, il tempo è insieme una condizione del pensare e un momento reale del mondo. Tutti gli enti empirici possiedono infatti sia un tempo assoluto nella loro reciproca relazione –Naturzeit– sia un tempo di datitàGegebenheitszeit– nel quale vengono colti dalla coscienza. Il primo è un tempo trascendente, il secondo è il tempo immanente.
«Die Zeit also welche die Wesenform alles Daseinden ist», il tempo è dunque la forma essenziale di ogni esserci (Ibidem); il tempo oggettivo e tutte le determinazioni degli enti individuali non esistono soltanto per il singolo Dasein ma anche per gli altri esistenti, possedendo una struttura intersoggettiva.
Il tempo è il fenomeno originario dal quale tutto prende avvio, che tutto intride, che tutto spiega.
Se il pensare di Husserl è sempre rimasto vivo, critico, inquieto e cangiante al proprio interno, questo vale in modo specifico anche per la sua riflessione sul tempo. La centralità del tempo, il suo costituire la struttura stessa della coscienza e dell’essere, è il dispositivo che pervade le Zeitvorlesungen del 1893-1917, i Bernauer Manuskripte del 1917-1918, i C-Manuskripte del 1929-1934.

 

C-Manuskripte

Insieme alle Zeitvorlesungen e ai Bernauer Manuskripte, ma anche al di là di essi, i 17 manoscritti del gruppo C conservati a Leuven possiedono almeno quattro caratteristiche che li rendono teoreticamente fondamentali e storiograficamente molto intriganti.

S. Leta, Case difficili #3, acrilico su legno, cm 20×25

Il primo è costituito dalla centralità della lebendige Gegenwart, del presente vivente nel quale si contrae e si raggruma l’intero temporale. Senza il presente vivente nulla esiste in alcun modo poiché «meine strömend-lebendige Gegenwart, die urmodale, trägt alles Erdenkliche in sich», il flusso del mio presente-vivente, la modalità originaria, porta in sé tutto ciò che è immaginabile (CM, 22).
Gli elementi costitutivi del presente vivente non coincidono con il semplice presente–ora. Essi sono infatti «Hyle, Akt, Intentionalität, Gegenwärtingung und Vergegenwärtigung», matericità, atto, intenzionalità, presentificazione e rimemorazione (CM, 70). Tale struttura contribuisce a fare del presente vivente l’elemento chiave del flusso originario. È il flusso, non il semplice istante, a costituire «das Urphänomen aller Phänomene», il fenomeno originario di tutti i possibili fenomeni, un vero e proprio «Heraklitische Fluss», flusso eracliteo che dà forma alla coscienza (CM, 1); «Alles und jedes ist Einheit im Strömen», ogni cosa e l’intero sono infatti l’unità nel flusso (CM, 3).
Se il tempo è l’assoluto originario, in che modo esso si esplica e si manifesta? Il tempo è anche la dinamica incessante tra l’istante come Urimpression, impressione originaria, e il divenire come flusso di tutte le impressioni e di tutti gli istanti. Il nodo di tale dinamica è l’ora, l’adesso, il presente, il quale non è mai isolato e statico ma è sempre parte di un intero composto di intenzionalità verso ciò che sta accadendo, ritenzione dell’appena accaduto, protensione verso quanto sta per accadere. Elementi che non vanno intesi come separati ma sempre nella profonda unità che li sostanzia.
La coscienza consiste esattamente nell’unità di tale struttura e nella consapevolezza delle sue parti. Si passa dalla protensione al suo riempimento nel presente, che diventa immediatamente ritenzione dell’appena accaduto. E poi si ricomincia a ogni istante, all’infinito, sino a che la coscienza è desta, sino a che il corpomente è vivo. Cercare in tutto questo un inizio significa cadere in un atteggiamento banalmente naturalistico e insieme del tutto astratto. Come non c’è un inizio nella materia, così non si dà un inizio della temporalizzazione. A meno che non ci si riferisca al destarsi stesso della coscienza nel corpo. Quello è l’inizio gnoseologico, fondato a sua volta sull’incipit ontologico del σῶμα. Prima del flusso c’è sempre il flusso, prima del tempo c’è sempre il tempo.
Il flusso, lo Strömen può assumere tre aspetti, avere tre significati. Strömen è flusso vivente pre-temporalizzante (vor-zeitigend); Strömen è flusso dei vissuti immanenti alla coscienza (Erlebnisse); Strömen è il tempo del mondo (Weltzeit), il divenire di tutte le cose. L’insieme di queste strutture flussiche è la Zeitigung, la temporalizzazione non della coscienza e del mondo ma della coscienza-mondo, della coscienza che è la parte di mondo che si autocomprende, che esperisce il tempo e si esperisce come tempo.
Essendo anch’essa tempo in atto, la coscienza condivide il duplice carattere del fluire e dello stare, del transitare e del rimanere, della differenza e dell’identità. Il fluire è la forma inalterabile –beständige Form-, che in sé racchiude il tempo come χρόνος e il tempo come αἰών, come forma invariante e come contenuto ogni volta nuovo.
Il presente è quindi il futuro che è appena stato. La coscienza è la struttura che mantiene in sé il futuro diventato passato. È questo il suo presente costante, la sua immobilità fatta di flusso, la sua identità costituita dalla differenza. È la ritenzione-ora a rendere possibile la rimemorazione del passato, che in quanto ricordato-adesso è anch’esso presente. Il futuro è la protensione di tale ritenzione-ora-dell’appena stato nell’istante immediatamente adveniente. La differenza tra il presente-istante e la sua ritenzione-ora è l’origine della coscienza del tempo, l’origine dell’autosapersi della coscienza come tempo.
La coscienza umana è quindi tempo e di converso il tempo si incarna nell’umana consapevolezza d’esserci: «Alles für mich Seiende ist für mich erfahren und erfahrbar in dem ihm zugehörigen Strömen», tutto ciò che per me esiste è da me vissuto e sperimentato nel flusso che lo accompagna (CM, 3) e «die Welt -allzeitliche Welt- ist ohne mich nicht denkbar», il mondo -il mondo pregno di tempo- è impensabile senza di me (CM, 445). Anche a partire dall’armonia tra coscienza e tempo, i C-Manuskripte affrontano più direttamente di altri testi husserliani questioni come il sonno, il nascere, il morire.
Un altro elemento di grande interesse dei C-Manuskripte –importante anche per rimuovere ogni equivoco sull’ ‘idealismo’ di Husserl– sta nell’ontologia husserliana, nel tempo come tessuto stesso dell’essere, nella sua costituzione sia coscienzialistica sia mondana. Una tesi compiutamente ontologica e metafisica. Il mondo, infatti, «im Strom der Zeitmodalitäten ist eine Welt identisch ‘verharrenden’ Seins, realer Substanzen, verharrenden in den Veräbderungen des Seienden», nel flusso delle modalità temporali è un mondo identico all’essere ‘che permane’, fatto di sostanze reali, che nel trasformarsi degli enti permane (CM, 67). Il mondo è la differenza dei suoi momenti temporali ed è l’identità del flusso nel quale i singoli momenti acquistano senso e pienezza. Il divenire consiste in una Urverschmelzung, una fusione originaria di presente e mutamento che conserva ciò che muta. «Zur konkreten Weltgegenwart gehört dann ihre Weltvergangenheit und Weltzukunft», al concreto presentemondo appartiene quindi il suo passato e il suo futuro (CM, 414).

 

Husserl / Heidegger

Siamo molto vicini a ciò che in Sein und Zeit è il gewesend-gegenwärtigende Zukunft, l’avvenire-essente stato presentante dal quale scaturiscono l’essere e il conoscere (§§ 65 e 68D). Il presente vivente e fluente, lebendigströmend, è il tempo plurale e diveniente, è l’ora statico e dinamico. Nunc stans è l’adesso che sta e permane. Nunc fluens è l’accadere degli eventi che di volta in volta sono l’ora. Nunc aeternitatis Nunc temporis sono tra di loro diversi ma non opposti. L’eternità è infatti l’intero che scaturisce dalla potenza senza fine del divenire. L’αἰών è la materia qui e ora, pensata tutta insieme, il χρόνος è tale materia nella forma di un’energia senza stasi che si esprime in una molteplicità innumerevole di modi e di forme. Tutto questo è la lebendige Gegenwart, la coscienza come coscienza di se stessa in quanto tempo e della materia in quanto tempo. Il tempo è dunque il fenomeno originario in quanto è insieme flusso e struttura. La fonte del flusso è l’unità del flusso stesso, tanto è vero che nella quinta Ricerca logica Husserl sostiene che la forma del flusso rimane identica nel variare dei suoi contenuti.

S. Leta, Il castello 3, acrilico su mdf, cm 60×60

Le analisi formulate nei C-Manuskripte si possono dunque accostare ad alcuni degli esistenziali di Essere e tempo. E lo si può fare a partire proprio dalla identificazione di essere e tempo: «Welt ist zeitlich seiend, sie ist selbst nichts anderes als erfüllte Zeit – Weltzeit, Raumzeit», il mondo è una struttura temporale, non è altro che il tempo nella sua pienezza – il tempo del mondo, lo spaziotempo (CM, 20).
Dentro il mondo si danno l’infinita solitudine del morire ma anche la costitutiva intersoggettività di un vivere intrinsecamente comunitario. Ciò che nel linguaggio di Heidegger si costituisce come Sein-zum-Tode Mit-sein viene indicato da Husserl come struttura dell’io che di se stesso dice: «lebend in strömender Gegenwart seiend, muss ich unweigerlich glauben, dass ich leben werde, wenn ich sich weiß, dass mein Tod bevorsteht», essendo vivo nel flusso del presente, devo inevitabilmente credere che vivrò anche se so che la mia morte è sempre imminente (CM, 96); non solo: il vivere è sempre anche «die Möglichkeit offen, dass Welterfahrung ganz un gar sich abwandle und die Form der Welterfahrung verliere», la possibilità che l’esperienza del mondo muti completamente e perda la forma di un’esperienza del mondo (CM, 97), il vivere è sempre la morte come possibilità della impossibilità di ogni ulteriore possibilità. Una possibilità che ciascuno sperimenta in solitudine ma che arriva a conclusione di un esistere necessariamente e sempre intersoggettivo, il quale si esprime nella «Aufbau der Geltungsgefüges der raumzeitlichen Welt im Zusammenspiel von Ich und Wir», nella costruzione della struttura di validità del mondo spaziotemporale come interazione tra l’io e il noi (CM, 178)
Andando al di là della relativamente scarsa attenzione che la fenomenologia ha dedicato alla corporeità, i C-Manuskripte insistono sul corpo come elemento fondante la percezione del mondo, l’intersoggettività, il senso del tempo e della sua fine: «Ich kann ohne Leib auch nicht in der Welt etwas wirken, mich mitteilen, sprechen, schreiben etc.; aber ich bin doch über dem Leib, ich brauche ihn, aber warum soll mein Sein -nur mein Sein in der Welt für alle: als Mensch – unmöglich sein ohne Leib, also unmenschlich, außerweltlich?», senza un corpo non posso lavorare comunicare, parlare, scrivere, etc.; ma io sono al di là del corpo, ne ho bisogno, ma perché il mio essere – il mio essere nel mondo per tutti: come umano – è impossibile senza un corpo, come qualcosa di inumano, di fuori dal mondo? (CM, 442).
In maniera inconsueta e splendida questi manoscritti si chiudono su una tonalità cosmica:

«Ich in strömender Lebensgegenwart, Quelle der für mich geltenden Welt, Quelle auch der Idee der Wahrheit und der Wissenschaft als Vorhabe und der für mich seienden Anderen etc. – ‘Quelle’.
Das Absolute, verharrend in Ewigkeit im ewigen Wandel seiner Modi, zunächst durch gewöhnliche Geburt der Tod -aber auch Geburt und Tod von Menschheit etc.; Identität der Strukturform (invariante), die Form der absoluten Zeitlichkeit, die Form der absoluten Koexistenz, deren Symbol der Raum ist; aber auch die räumliche Verteilung der getrennten, entstehender und sterbender Gestirmenschheiten und Generationssysteme von ‘animalischen’ Spezies; Gestirn, Milchstraßensysteme. Das Invariante: stehen-bleibende Form. Das Unbewusste in seinen verschiedenen Stufen, Unwachheit, Assoziation als universale Synthesis (aus Intentionalität)».
Io nel presente vivente, nel suo flusso, origine per me del senso del mondo, origine anche dell’idea della verità e della scienza come comprensione e fonte dell’esistenza dell’Altro ecc. – ‘Fonte’. L’Assoluto, che rimane costante nell’eternità del continuo mutamento dei suoi modi, anzitutto mediante il comune nascere e morire – ma anche nel nascere e morire dell’umanità ecc.; Identità della struttura (invariante), la forma della temporalità assoluta, la forma della coesistenza assoluta, il cui simbolo è lo spazio; ma anche la distribuzione nello spazio dell’agire umano che si separa, che si genera e che si dissolve e il modo universale nel quale si generano le specie animali; le stelle, le galassie. L’invariante: la forma permanente. L’inconscio nei suoi diversi stadi, l’inconsapevolezza, l’associazione come sintesi universale (fuori dall’intenzionalità) (CM,446).

Tutto questo accade nell’adesso ora, nell’adesso ritenuto, nell’adesso che viene. Strutture che costituiscono la medesima realtà che è e che diviene, costituiscono l’identità e la differenza che il tempo è.
L’unità di questa Zeitigung è tale che il presente non costituisce un punto isolato ma è la coscienza di ciò che è appena accaduto. Nei Bernauer Manuskripte la struttura appare ancora più radicale, poiché la ritenzione stessa è consapevolezza della protensione che è accaduta. Nella Krisis questo costante concetto husserliano ritorna nell’affermazione secondo la quale «qualsiasi costituzione dell’essente, di qualsiasi genere e di qualsiasi grado, è una temporalizzazione» (KR, 195).
Il tempo è quindi tre e uno, come la struttura trinitaria del cristianesimo e la struttura dialettica dell’idealismo. Religioni e filosofie si radicano evidentemente nella struttura di identità e differenza che il tempo è.


Spaziotempo

La comprensione vissuta dello spazio e del tempo scaturisce dall’essere e dall’agire corporeo, diretto verso tutto ciò che il corpo non è -la sua differenza- ma senza il quale il corpo non potrebbe essere -la sua identità.

S. Leta, La spiaggia come metafora n2 acrilico su legno cm 100×40

Nelle analisi husserliane lo spazio appare in tutta la sua complessa ricchezza di struttura nello stesso tempo isotropa-dal centro della quale si diparte ogni volta la differenza-; omogenea -tutto lo spazio è spazio alla stessa maniera; tridimensionale -generata dal moto e generante movimenti-; infinita -lo spazio è l’intero che racchiude ogni parte; fondazionale -senza lo spazio non si darebbero luoghi sensati ma soltanto frammenti di materia privi di ordine; ideale -in quanto frutto della sintesi di tutte le possibili intuizioni empiriche poiché i luoghi sono fenomenici mentre lo spazio è ideale-; semantica -il corpomente costruisce di continuo lo spaziotempo sensato nel quale esistere-; logica -frutto della elaborazione coerente di tutti i possibili dati sensibili poiché «lo spazio, in quanto intero, non è un’intuizione, ma è già esso stesso un’unità logica che deriva dal rappresentare concettuale e si realizza grazie all’elaborazione giudicativa di ciò che è dato intuitivamente. Lo spazio non è un contenuto semplice come lo è ad esempio una qualità cromatica che potrebbe essere intuita in quanto tale. Lo spazio, già quello della coscienza comune, è una formazione ideale della quale sono di volta in volta intuibili solo parti» (LS, 86); irrappresentabile -perché pensabile ma non percepibile; genetica -dallo spaziotempo nel quale siamo immersi scaturisce ogni concetto di vicinanza e distanza, simultaneità e successione, unità e molteplicità.
Tutti i mutamenti che avvengono all’interno del medesimo campo percettivo sono mutamenti perché possiedono una struttura temporale; tutte le identità all’interno del medesimo campo percettivo sono identità perché possiedono una struttura spaziale. Identità e differenza rendono possibile l’essere dello spaziotempo e la sua conoscibilità. Essendo lo spaziotempo l’essere stesso, l’identità e la differenza costituiscono dunque la condizione sia epistemologica sia ontologica dell’accadere, costituiscono la struttura metafisica fondamentale, la struttura genetica suprema, quella da cui scaturiscono tutte le cose che sono e che istante per istante si dissolvono.
Anche per questa comune genesi dall’identità e dalla differenza, lo spazio e il tempo sono inscindibilmente compresenti in ogni ente, forma, struttura e divenire.

 

Il futuro della fenomenologia

La coscienza umana, le sue strutture e la sua dinamica, è dunque radicata nella temporalità del Dasein aperto al mondo e al tempo. Il tempo del mondo –Weltzeit– è lo stesso tempo della coscienza –Ichzeit– in quanto entrambi sono espressione del tempo del Dasein che parte da e va verso l’In-der-Welt sein. Questo ‘verso’ (um-zu) è il movimento semantico dell’intenzionalità, un movimento fenomenologico, un movimento temporale, un movimento fattizio e prassico, il movimento in cui consiste la vita.

S. Leta, In corrente, acrilico su legno, cm 100×30

Il fondamento non è una struttura immobile, il fondamento accade nell’infinita dinamica del mondo. Il fondamento dell’essere è il divenire. L’essere è divenire come gioco di identità e differenza. Se quod omnis veritatis reddi ratio potest, se di ogni verità possiamo e dobbiamo rendere ragione, la spiegazione del fondamento –la ragione dell’essere– abita nella sua struttura più fonda, costante ed eterna: il suo stesso divenire. L’essere si dà come αἰών, χρόνος e καιρός, come filigrana del tempo in ogni molecola della materia.
La fenomenologia di Husserl indica un compito: pensare l’essere come tempo, indagare ancora e ancora la costitutiva temporalità del mondo: «Questi difficili problemi e specialmente il problema del modo in cui si viene alla prensione delle determinazioni temporali assolute degli oggetti, ossia alla costituzione della loro posizione nel tempo oggettivo, e del modo in cui nel tempo vissuto soggettivo si annuncia in generale la connessione del tempo oggettivo e assoluto, costituiscono il grande tema di un’avanzata fenomenologia della coscienza del tempo» (EG, § 38, 399).
È questo il compito aperto, fecondo e asintotico della fenomenologia, vale a dire della filosofia stessa.

 

Nota
I riferimenti ai numeri di paragrafo e di pagina dei libri di Husserl vengono indicati nel corpo del testo, con le seguenti sigle:

CM
Späte Texte über Zeitkonstitution (1929–1934). Die C–Manuskripte (Ultimi testi sulla costituzione del tempo 1929–1934)Husserliana – Materialen Band VIII, herasusgegeben von  Dieter Lohmar, Springer, Dordrecht 2006. Le mie traduzioni da questo volume seguono –o, a volte, immediatamente precedono– il testo tedesco.

EG
Esperienza e giudizio. Ricerche sulla genealogia della logica redatte e edite da Ludwig Landgrebe (Erfahrung und Urteil. Untersuchungen zur Genealogie der Logik [1939], Felix Meiner Verlag GmbH, Hamburg 1999), trad. di Filippo Costa e Leonardo Samonà, Bompiani, Milano 2007.

FT
Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (Zur Phänomenologie des Inneren Zeitbewusstseins 1893-1917, hgg. v. Rudolf Boehm, «Husserliana», Bd. X, , Martinus Nijhoff, The Hague, 1966), trad. di Alfredo Marini, Franco Angeli, Milano 1998

IF
Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica. I Introduzione generale alla fenomenologia pura (Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie. I Allgemeine Einführung in die Reine Phänomenologie, «Husserliana», volumi III/1 e III/2, a cura di Karl Schuhmann, Martinus Nijhoff, Den Haag 1976), trad. di Vincenzo Costa, Einaudi, Torino 2002.

KR
La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie, Martinus Nijhoff, Den Haag 1959), trad. di Enrico Filippini, Il Saggiatore, Milano 1975

LS
Libro dello spazio (Philosophische Versuche über den Raum, Husserliana vol. XXI [Studien zur Arithmetik und Geometrie], a cura di I. Strohmeyer, M.Nijhoff, Den Haag, 1983, pp. 262-310. Appendice da Systematische Raumkonstitution, Husserliana, vol. XVI [Ding und Raum], a cura di U. Claesges, M.Nijhoff, Den Haag, pp. 322-336); Kluwer Academic Publishers B.V. Dordrecht 1973 e 1983); trad. di Vincenzo Costa, Guerini e Associati, Milano 1996.

 

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