Politica, società e cultura. L’impegno pubblicistico tra crisi e progetto
Sono recentemente apparsi due ulteriori volumi (il quinto e il sesto) delle Letture quotidiane1 di Fulvio Tessitore, raccolte di articoli pubblicati su giornali e riviste specializzate nei quali l’autore prende posizione, con frequenza quasi quotidiana, a proposito dei più significativi eventi della vita pubblica. I temi trattati spaziano da questioni storico-filosofiche ed etico-politiche a più circostanziati interventi riguardanti la vita napoletana e le vicende dell’università. Si tratta, quindi, di un ampio spettro di argomentazioni, che riflettono il carattere diffuso e articolato dell’impegno scientifico, accademico, politico e civile di Tessitore, senza che tale ampiezza significhi mai alcuna flessione del vigore della scrittura e della forza delle argomentazioni che la sostengono.
La pubblicazione fornisce un’ulteriore occasione per riflettere e per porre l’accento sull’impegno e l’incidenza delle grandi personalità della scienza e della cultura nella vita pubblica, sull’opportunità e la necessità di un loro intervento nelle molteplici questioni che animano, a diversi livelli, il dibattito contemporaneo; e ciò a maggior ragione se si pensa all’attuale degrado della vita istituzionale, a diversi livelli, e alla crisi economica che ne rende ancor più drammatici incidenza ed effetti.
Sebbene gli scritti raccolti nei due volumi sopra citati coprano un arco temporale che va dal 1995 al 2006, ricollegandosi a situazioni precedenti l’odierno acuirsi della crisi, essi sono quanto mai attuali e costituiscono in qualche modo il termometro di una condizione nella quale sembravano già profilarsi, per certi versi, le coordinate politico-sociali e accademiche degli anni successivi: sono evidenti, in diversi luoghi, gli avvertiti quanto avveduti tentativi dell’autore di richiamare ora i rischi ora l’urgenza di talune decisioni, riforme, delibere etc., nella lucida convinzione di dovere intervenire in modo costruttivo e propositivo nella vicenda pubblica, a maggior ragione quando se ne percepiscono, a diversi livelli, declino e crisi. L’insegnamento che se ne trae è quantomeno duplice: da una parte il richiamo a un’analisi costante e rigorosa, che permetta di leggere tra le righe del quotidiano in maniera seria e prospettica; dall’altra l’esemplare e convinta esortazione all’impegno, anche e persino di più quando si avvertono rischi e insidie che accompagnano gli sviluppi della società.
L’attività pubblicistica di Tessitore, tenendo sempre ben presenti sullo sfondo alcuni dei ‘suoi autori’ di particolare rilevanza rispetto all’impegno non solo scientifico (Cuoco e Croce, tra gli altri), si snoda attraverso il lucido richiamo a maestri e amici (Pietro Piovani, innanzi tutto) dei quali viene messo in risalto, anche rispetto alle miserie del presente, lo spessore dell’impegno etico e scientifico, con la costante esortazione, ribadita in modo sobrio e spesso soltanto tra le righe, a ricavarne e ad attualizzarne gli insegnamenti fondamentali, laddove l’accortezza del grande storico sa sempre distinguere, pur sottolineandone l’ineludibile connessione, tra il valore paradigmatico dell’esempio e la capacità di rivitalizzarlo entro la concretezza mutevole di temi e argomenti che si rinnovano continuamente. Capacità di guardare alla storia e ai suoi protagonisti con lo sguardo sempre rivolto al presente e nella prospettiva di un sentito impegno per il futuro, questo emerge con forza, insieme a molto altro, dall’attività pubblicistica di Tessitore. Anche lo stile riflette tale consapevole muoversi tra la sofferta constatazione della crisi attuale, la denuncia autorevole e responsabile e la costitutiva volontà propositiva: pagine dure, pungenti e polemiche (seppur nello stile sobrio e composto dell’autore, ora ironico ora sferzante, ma sempre mantenuto entro l’ormai sempre più raro affidarsi alla forza delle argomentazioni, piuttosto che alla chiacchiera scomposta e chiassosa) si alternano ad altre più distese e in qualche modo rassicuranti.
Tale complesso, magmatico intrecciarsi di stati d’animo e di sentimenti è evidente già nell’Avvertenza del quinto volume, dove se per un attimo sembrano prevalere la delusione e per certi tratti anche la rassegnazione rispetto all’inadeguatezza della società contemporanea, immediatamente dopo viene riaffermata la convinzione, solida e profonda, circa la possibilità e la necessità di insistere e di guardare avanti con impegno fattivo e avveduta speranza. Tessitore scrive, facendo anche riferimento (dato certo significativo per un laico convinto come lui) a papa Giovanni XXIII, «il più grande Papa dal Novecento ad oggi»2, che «più che mai sono convinto, con rabbiosa delusione, che ad un uomo della mia età, che presume di aver molto lavorato e non solo per soddisfare le proprie ambizioni, non resti, oggi, che recar testimonianza della fedeltà all’impegno, che, quale ne sia stato e sia il valore, ho perseguito con “hostinato rigore”. Non avrei mai pensato, ed ancor meno auguratomi, che, giunto al termine di una lunga, intensa vita di lavoro pur piena di soddisfazioni, mi sarebbe toccato di non saper individuare una prospettiva fiduciosa e, al contrario, di dover auspicare un “effetto tsunami” (così l’ho più volte chiamato, anche nelle mie pagine quotidiane), che venga a travolgere un mondo infangato, ipocrita e cinico, farsesco ed esausto, privo di valori perché incapace di avvertire “i segni dei tempi”»3; ma, immediatamente dopo, è significativo che egli ribadisca: «Non sono, tuttavia, privo di speranza e proseguo nel mio lavoro. La mia speranza poggia sulla convinzione –ahimè quanto impopolare– che l’attuale tracotanza di arrivisti e spergiuri sia solo l’espressione estrema di una società sfilacciata, di una nascosta debolezza, di una alleanza di debolezze. Dirlo e addirittura confidarvi costa dolore, almeno a me e a quanti come me non intendono mollare e resistono…Ho fiducia nei giovani, anche in quelli che non so capire per le loro scelte ardimentose ed irriverenti. A loro affido il mio laico, laicissimo “non praevalebunt” e lascio cadere la penna»4.
Le motivazioni profonde e le capacità analitiche e propositive che sostengono la scrittura di Tessitore sono evidenti anche nei numerosi contributi dedicati all’amatissima Napoli, laddove l’impegno è costantemente teso a cercar di ridurre le distanze tra l’anima operosa, colta e civile della città e quella della malavita e del degrado, spingendo quest’ultima in direzione della prima, pur senza ignorarne la drammatica e specifica complessità dei problemi e l’incertezza delle aspettative.
Se si vuole meno sorprendenti, se non altro perché riferite all’ambiente ‘professionale’, sono le pagine dedicate all’università, della quale Tessitore ha seguito, da autorevole protagonista, le vicende più o meno recenti, intervenendo a proposito delle riforme (per la verità spesso maldestre) apportate dai diversi governi di questi anni più recenti e sull’eventuale opportunità di talune decisioni (per esempio in riferimento all’ordinamento degli studi, al numero chiuso, all’organizzazione della strutture amministrative e così via). Anche qui l’analisi è estremamente lucida e puntuale, esclusivamente finalizzata alla salvaguardia (che è tutt’altro, come viene ribadito più volte, da ogni improbabile e passivo ancoraggio al passato) e allo sviluppo dell’istituzione universitaria, se è vero che le osservazioni critiche e le mozioni propositive sono indirizzate ai diversi governi e alle varie amministrazioni di questi anni a prescindere dalla loro matrice ideologica e politica.
La difesa delle istituzioni e del decoro della vita pubblica, oltre che della dignità della ricerca scientifica e della formazione accademica, costituisce la cifra fondamentale della presenza di Tessitore nei numerosi ambiti in cui ha deciso di impegnarsi e nei diversi prestigiosi ruoli che ha ricoperto, da Rettore della “Federico II” a Senatore e Deputato della Repubblica, per ricordare, tra i molti possibili, soltanto i principali.
La pubblicazione di queste raccolte non solo mostra la straordinaria e articolata capacità d’impegno di uno studioso di primissimo piano, ma finisce per rendere ancora più urgente un’attenta riflessione sull’atteggiamento pubblico degli uomini di cultura in una società in forte (e spesso traumatica) trasformazione come quella attuale. Se da una parte, infatti, sono del tutto evidenti la crisi e il degrado di diversi segmenti della vita pubblica, che si manifestano dai più alti livelli di talune istituzioni fino ai più semplici risvolti della vita quotidiana, dall’altra è parimenti chiaro che proprio in una tale deficienza di decoro e decenza a farsi avanti (e ciò purtroppo accade sempre più spesso anche nella dimensione culturale e accademica) sono sempre più frequentemente personaggi modesti, quando non squallidi, per lo più motivati da discutibili ambizioni personali (ora peraltro del tutto sganciate da ogni autentico interesse per le istituzioni, il che rende la situazione ancora più inquietante), ciarlatani e urlatori che rendono difficile non solo l’immediata salvaguardia della dignità delle funzioni e dei ruoli, oltre che delle istituzioni, ma anche, ed è cosa forse ancor più grave e insidiosa, la proposta di un modello formativo e culturale che sia altro da quello dell’utile (di ogni natura) personale e immediato e della conseguente liceità (etica, ancor prima che giuridica) di qualunque mezzo atto a conseguirlo. E ciò non riguarda, naturalmente, soltanto chi opera, a vario titolo, nelle istituzioni educative e culturali, ma un ambito di riferimento assai più ampio e diffuso, laddove la volgarità di un tale messaggio si sostituisce sempre più spesso a qualunque rimando a valori più autentici (quali che siano) e a comportamenti in grado di promuovere una più adeguata e significativa integrazione tra individui e comunità. La reazione immediata e spontanea rispetto a tale stato di degrado potrebbe certamente essere, dunque, quella di un ritrarsi individualistico verso la dignità (ovviamente per chi ancora la presume tale) delle proprie occupazioni (non solo professionali), magari con l’amara e rassegnata consapevolezza del periodico ripetersi di quell’“effetto tsunami” sopra ricordato, nelle diverse forme in cui si è storicamente manifestato, quasi fosse la dolorosa e ricorrente esortazione a riprendere il cammino della ragione e della consapevolezza; forse occorre, invece, guardare all’impegno di coloro che, anche in condizioni ben più tragiche della presente, hanno saputo mantenere attiva e fattiva la certezza dell’impegno, e prenderne in qualche modo esempio. Da questo punto di vista il lavoro pubblicistico di Fulvio Tessitore costituisce un’ulteriore e preziosa testimonianza del valore e del dovere dell’impegno civile, politico e accademico. In questa prospettiva, l’individuo intelligente e operoso, pur mantenendosi fuori dal coro della moderna barbarie, può e deve continuare a rendere il proprio contributo perché possano al più presto affievolirsi volume e tonalità, oramai assordanti, di tanta superficialità e vacuità.
Note
1 Si tratta di F. Tessitore, Letture quotidiane quinte e Letture quotidiane seste, a cura di M. Della Volpe, Editoriale Scientifica, Napoli 2010.
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