Morte del libro?

Di: Diego Bruschi
4 Febbraio 2011

Nella mia lunga carriera di operaio, tipografo e fotocompositore, incontravo ogni tanto qualcuno che aveva deciso di scrivere e stamparsi un libro, il proprio libro. Ricordo con affetto un’anziana maestra in pensione, il suo bel libretto dalla copertina nera, con su scritto semplicemente «Ricordi di scuola». Era una rassegna di oltre cinquant’anni di ricordi, senza particolari velleità artistiche, ma decisamente interessante e sincero. E perché poi un libro? Perché mai spender soldi per stampare un libro che avrebbe avuto al massimo qualche decina di lettori?
Sono convinto che per molti un libro abbia comunque una dignità particolare, come un oggetto degno di rispetto, in grado di trasformare la parola effimera in parola che dura, in parola scritta per sempre. Taluni prefigurano il libro sul viale del tramonto, sconfitto dal suo giovane e agile parente elettronico, il famigerato e-book. Le cose non stanno così.
È il tema centrale del volume Non sperate di liberarvi dei libri, che raccoglie una conversazione fra Umberto Eco e Jean-Claude Carrière, celebre scrittore di cinema. Anzitutto i libri hanno dimostrato di saper attraversare i secoli. Se hai un testo conservato dentro un floppy disk da cinque pollici è molto probabile che accada di non aver più in casa un attrezzo che lo legga, mentre un libro che ha quarant’anni o addirittura secoli lo leggi, non sei legato ad alcun marchingegno divenuto obsoleto nel frattempo. Chi mi dice che fra vent’anni potrò leggere un e-book senza problemi?
La tesi di Eco è semplice, quanto definitiva: il libro è come la ruota, il cucchiaio, le forbici: inutile tentare di reinventarlo, è perfetto per il suo scopo. La conversazione fra i due famosi intellettuali, anche noti bibliofili, affronta poi il tema dei libri perduti, dimenticati, vittime dell’oblio, delle fiamme inquisitrici, dei mille accidenti della storia che hanno impedito a molti testi di arrivare fino a noi. Ma le ragioni per cui i libri bruciavano erano le stesse che portavano a metterli in salvo in un luogo sicuro, determinando così delle scelte.

È probabilmente la ripetuta discesa dei barbari a Roma e la loro abitudine di incendiare la città che ha sollecitato a trovare un luogo sicuro per i libri; e cosa c’è di più sicuro di un monastero? Si sono dunque iniziati a mettere i libri al riparo delle minacce; ma nello stesso tempo, naturalmente, operando la scelta di salvare certi libri e non altri, si è iniziato a fare operazione di filtraggio. (p. 29)

Quindi, in qualche modo, la cultura è anche quel processo di scelta, di filtro, assolutamente indispensabile. Cos’è in fondo un docente, un maestro? È qualcuno di cui è riconosciuta l’autorevolezza, la conoscenza, e che dunque filtra, scarta, distingue l’essenziale dal superfluo. Per converso uno dei problemi di Internet è invece proprio la mancanza di filtro: trovi sullo stesso piano una teoria scientifica seria con quella di qualcuno che ti vuol convincere che la terra è piatta. Un problema enorme, quello dell’autorevolezza delle fonti, la cui soluzione è ben lontana.
Il testo attraversa anche tanti altri aspetti della vicenda del libro, amato da molti (oggetto di collezionismi talvolta maniacali) ma anche odiato, visto con sospetto dal potere, sempre col cerino pronto per un provvidenziale rogo. C’è, ovviamente, anche un riferimento alla potenza propagandistica e sacrale del libro (ad esempio il famoso libretto rosso del grande timoniere).
Un volume interessante dunque, che qualche lettore troverà troppo ricco di improvvise divagazioni, ma è anche ovvio che il tema del libro, così centrale, così ingranaggio cardine della cultura occidentale e non solo, si presta a infinite sfaccettature. Le nuove tecnologie, con la loro potenza e anche l’intrinseca democraticità, dobbiamo usarle, dobbiamo capirle, sono importanti, ma non credo proprio che, nonostante tutto, si farà a meno dei libri. L’anziana maestra di cui ho scritto all’inizio, non c’è più. Ma il suo libro c’è, ci sarà, e non avrà mai bisogno di alcun e-reader elettronico per funzionare.

Umberto Eco, Jean-Claude Carrière
Non sperate di liberarvi dei libri
Traduzione di A.M. Lorusso
Bompiani, Milano 2009
Pagine 271

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