La bellezza dell’irrazionalità numerica: la sezione aurea
La distribuzione dei petali in una rosa, l’armoniosa spirale di alcune conchiglie e quella dell’intera galassia, la stella a cinque punte che disegnano i bambini e il celeberrimo Partenone di Atene sono tutti legati dallo stesso meraviglioso numero irrazionale, φ. Non esprimibile con una frazione, caratterizzato da una serie infinita di numeri decimali che si ripetono in maniera apparentemente casuale -1,6180…-, indicato fin dall’antichità appunto con la lettera greca φ, ha una proprietà particolare che affascina gli studiosi e gli artisti da migliaia di anni. Il rapporto proporzionale dal quale deriva ha la misteriosa proprietà di imprimere un senso di bellezza e armonia a qualsiasi cosa e in qualsiasi campo venga applicato.
Proprio per questo motivo fin dal tempo di Pitagora è stato definito ‘divina proporzione’ e poi, nel Rinascimento, “sezione aurea”.
La cosa affascinante, meravigliosa e misteriosa che sta dietro la sezione aurea è appunto come un numero irrazionale e infinito, quindi da sempre “antipatico” ai matematici, riesca a generare bellezza e armonia che sono sempre accompagnate invece dal concetto di definito e proporzionato.
Dal punto di vista prettamente matematico, la sezione aurea è quella parte di segmento media proporzionale tra il segmento intero e la parte rimanente. Si tratta quindi di un rapporto tra due grandezze geometriche.
Interessante è come le varie caratteristiche del numero aureo siano state oggetto di attenzione da parte di studiosi, filosofi e artisti nei contesti storico-culturali più diversi.
La prima definizione scritta del rapporto aureo risale all’età ellenistica: la ritroviamo infatti nel VI libro degli Elementi di Euclide. Della biografia di Euclide ci è noto pochissimo: visse ad Alessandria tra il IV e il III secolo a.C., studiò matematica ad Atene sotto la guida di filosofi platonici e compose tredici trattati su vari argomenti scientifici (Ottica,Dati, Fenomeni, Divisione di figure).
La sua opera principale sono gli Elementi, (300 a.C. Circa). L’opera consiste in un trattato teorico in tredici libri. Nonostante la varietà degli argomenti (figure piane, aree, numeri interi, fondamenti dell’aritmetica, numeri irrazionali etc.), si percepisce una notevole unità sostanziale, data dalla fitta rete di riferimenti tra i libri e dal comune metodo espositivo, detto di sintesi. Si tratta infatti di un trattato puramente teorico, in cui ciascun argomento proposto è analizzato partendo da semplici enunciati e procedendo man mano verso quelli più complessi.
Il rapporto aureo è definito sotto il nome di «proporzione estrema e media» nel VI libro; tuttavia l’autore nomina, in maniera più o meno diretta, il rapporto anche negli altri libri, relativamente alle aree e alla costruzione del pentagono, dell’icosaedro e del dodecaedro regolare. La sua definizione è strutturata così:
Si può dire che una linea retta sia stata divisa secondo la proporzione estrema media quando l’intera linea sta alla parte maggiore così come la maggiore sta alla minore.
In età greca, inoltre, φ è utilizzato per la costruzione di numerose figure geometriche quali i poliedri platonici e la stella pitagorica, ma soprattutto come principio di armonia. Si pensava infatti che il rapporto aureo stesse alla base della perfetta struttura del corpo umano (volto, busto, figura intera stavano tra loro in proporzione aurea); da questo principio vennero elaborati i canoni scultorei da cui deriva in parte lo stesso concetto di bellezza e proporzione classica. In campo architettonico, anche lo stesso Partenone fu progettato da Fidia sfruttando il numero aureo, facendo sì che l’imponente costruzione non risultasse tozza e sgraziata, ma anzi proporzionata e perfetta.
Importante campo interessato al numero aureo fu quello della scienza. Keplero sentì la necessità di trovare un nesso tra le distanze planetarie e il numero aureo. La sua profonda fede religiosa infatti, lo portò a pensare che l’universo, nei suoi rapporti tra i pianeti, dovesse chiaramente rispecchiare il suo creatore: le stelle, il sole e le loro distanze erano dunque metafora delle tre persone divine, Padre, Figlio e Spirito Santo. Se, come lui stesso afferma, “Dio geometrizza sempre”, sicuramente bisognava ricorrere a enti geometrici legati al rapporto aureo per calcolare le orbite dei pianeti. Assistiamo così a una connessione di φ all’azione divina proprio per le sue caratteristiche.
Nel “Mysterium Cosmographicum” del 1597 Keplero ipotizzò la teoria che legava le orbite dei pianeti, rappresentate come sfere di varie dimensioni, ai poliedri regolari platonici, che venivano in esse inscritti e circoscritti. Il rapporto tra i raggi delle varie sfere doveva corrispondere al rapporto tra le varie orbite dei pianeti. Tutto questo schema di proporzionalità era stato strutturato a partire dalla sfera della terra, quale misura di tutte le altre orbite: fungeva infatti da spartiacque tra i solidi in equilibrio stabile (cubo, tetraedro e dodecaedro) e quelli in equilibrio fluttuante (ottaedro e icosaedro). L’utilizzo dei poliedri regolari inscritti e circoscritti rispecchia proprio il tentativo di concepire la struttura dell’universo in chiave matematica e quindi sotto un profilo armonico e proporzionato. La scoperta di altri due nuovi pianeti oltre l’orbita di Saturno, Urano e Nettuno, invalidò completamente il modello di Keplero. Tuttavia egli fece compiere un enorme passo avanti al metodo scientifico-astronomico: si impegnò infatti a unire i dati sperimentalmente ottenuti a un modello matematico organizzato.
Oltre che che tra gli scienziati, il rapporto aureo destò attenzione tra artisti di tutte le epoche. Nel Medioevo, Arnolfo di Cambio, per progettare il Palazzo Pubblico di Firenze, noto come Palazzo Vecchio, tenne conto del rapporto aureo. Piero della Francesca, ne La flagellazione di Urbino, inquadra la scena in una prospettiva matematica basata sulla sezione aurea: nel Rinascimento italiano infatti, la ricerca di prospettiva scientifica è spesso accompagnata dall’impiego della sezione aurea (la ritroviamo anche in Leonardo da Vinci).
Con la diffusione del razionalismo e la necessità di ritrovare un ordine universale e condiviso dopo le avanguardie dei primi del ‘900, ritorna l’impiego delle forme geometriche e di rapporti matematici nelle rappresentazioni artistiche. Tra tutti gli impieghi che vengono dunque fatti nel Novecento della sezione aurea, quello più preciso ed assiduo è riscontrabile nelle opere di Le Corbusier.
Charles-Edouad Jeanneret, noto con lo pseudonimo di Le Corbusier, nasce nel 1887 a la Chaux-de-Fonds in Svizzera. Dopo il definitivo trasferimento a Parigi nel 1917 e l’amicizia stretta con Amédée Ozenfant, che lo introdusse nel vivace mondo degli artisti parigini, si avvicinò subito al movimento cubista, in particolare a Juan Gris e al suo utilizzo sistematico delle proporzioni. Con Ozenfat Le Corbusier fondò il purismo, un movimento post-cubista che, ispirandosi a Piero della Francesca e all’estetica platonica, si basava sul ritorno alle forme geometriche pure. Alla produzione artistica affianca da subito quella architettonica, aprendo uno studio nel 1922.
Nel 1947 elabora il Modulor che, sulla base del rapporto aureo applicato alla figura umana, individuava una serie di multipli e sottomultipli geometrici secondo i quali dimensionare le costruzioni. Il rapporto tra l’altezza dell’uomo con il braccio sinistro alzato e la distanza tra l’ombelico e il suolo era esattamente pari a φ. L’applicazione degli studi del Modulor è già riscontrabile nelle Unità Abitative di Marsiglia. Nell’ambito dei vasti programmi di ricostruzione post bellica, il governo francese affida a Le Corbusier il progetto di un edificio di enormi dimensioni appunto a Marsiglia. In questo contesto ha la possibilità di mettere a frutto sia il concetto di Unità Abitativa, cioè una struttura tale da contenere nel minor spazio possibile il maggior numero di appartamenti e quindi abitanti, sia gli schemi proporzionali derivati dal Modulor. L’artista riesce qui a creare un edificio strutturato su 17 piani,percorso da 7 strade interne che servono 377 appartamenti per un totale di 1500 abitanti. L’impiego della sezione aurea è riscontrabile nella progettazione delle singole cellule abitative, strutturate su tre piani, con una sola entrata al secondo piano, dove corre la strada interna. Caratteristica distintiva sono anche le enormi vetrate che sostituiscono gran parte delle pareti degli appartamenti. Vengono qui sfruttate le capacità di φ di alleggerire e rendere proporzionate e armoniose le dimensioni di un tanto grande edificio.
In campo musicale, l’impiego della sezione aurea è riscontrabile fin dal ‘200. Solo nel Quattrocento tuttavia, per opera di Guillaume Dufay, uno dei primi compositori fiamminghi, divenne però principio generatore della forma musicale a tutti i livelli.
La situazione più semplice in cui appare chiaro l’utilizzo del rapporto aureo è nel genere del mottetto (composizione con o senza strumenti di ispirazione sacra), assai in voga nel XIV secolo.
Considerata la chanson-mottetto di Dufay a quattro voci, che va sotto il titolo di Lamentatio Sanctae Matris Ecclesiae Costantinopolitanae, si nota la sua divisione in due sezioni. Il tenor infatti viene ripetuto due volte consecutive: poiché nella seconda ripetizione si passa da 3/4 a 4/4, le due sezioni risultano di lunghezza differente. Se si volesse rappresentare l’intero mottetto come un segmento A, la prima sezione eseguita dal tenor corrisponderebbe alla sua sezione aurea B, mentre le seconda ripetizione, varrebbe esattamente la sezione aurea A della sezione aurea B. Inoltre, tutti gli altri eventi centrali della chanson mottetto, come l’entrata delle altre voci o le cadenze, scandiscono a loro volta sezioni auree a un livello sempre più piccolo. Il risultato è una composizione strutturata sull’unico criterio armonico della sezione aurea, che governa ogni elemento della macroforma così come della microforma. L’utilizzo di queste strutture matematiche era connesso con la loro funzione; infatti maggiore era la solennità della circostanza esecutiva, più ricca e complessa era l’elaborazione e la struttura formale. Rapporti aurei sono anche ritrovabili in alcune messe, sempre della fine del ‘400, dove le parti strutturali quali Kyrie Eleison, Credo, Sanctus, stanno tra loro proprio in rapporti proporzionali pari a φ. Si possono riscontrare impieghi del rapporto aureo anche in ambito musicale contemporaneo, come risulta da alcuni studi effettuati sugli spartiti della Chatedrale Englotique di Debussy.
Oltre a essere utilizzato nei più svariati modi, il rapporto aureo è stato anche riscontrato nella struttura di molti elementi naturali. I petali della rosa, per esempio, formano con la loro inclinazione, angoli al centro, che danno, in rapporto con l’angolo giro, un numero che ci avvicina sempre più a φ man mano che aumenta l’ampiezza angolare.
Nei cosiddetti alberi aurei, i rami lungo il tronco e le foglie lungo i rami, si distribuiscono secondo un preciso schema a spirale, detto filotassi: il rapporto tra il numero di foglie e quello dei giri da esse compiuti lungo il ramo si avvicina al numero aureo all’aumentare dei valori numerici. Inoltre la nostra stessa galassia e molte conchiglie hanno la forma di una spirale logaritmica, cioè basata su rettangoli aurei (rapporto tra base e altezza è pari a φ) sempre più piccoli.
Innumerevoli sono i casi in cui φ, questo numero magico e misterioso, ha affascinato e continuerà ad affascinare l’uomo per la sua inspiegabile proprietà di far scaturire bellezza e proporzione nonostante la sua inesprimibile irrazionalità.
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