Diacinto Cestoni
Uno speziale sei-settecentesco tra invisibilità e riscoperta storiografica
Il caso di Diacinto Cestoni (1637-1718) appare esemplare rispetto al fine di valutare e comprendere ragioni, forme e caratteristiche degli spazi di invisibilità nel dibattito naturalistico italiano da metà Seicento sino all’istituzionalizzazione delle scienze della vita all’inizio dell’Ottocento. Un primo dato evidente è l’invisibilità storiografica di Cestoni. A tutt’oggi la sua figura è stata fatta oggetto di un profluvio di scritti eruditi volti a valorizzarla come gloria locale o composti da studiosi dediti alla professione medica o a scienze affini, cultori dilettanti della storia della propria disciplina, che ne hanno compreso, alla luce delle proprie competenze, l’originalità scientifica, ma che l’hanno espressa, privi di strumenti e di sensibilità storiografica, nell’ottica falsificante della retorica dei precorrimenti. Al di fuori dei limiti di questa produzione si pongono pochissimi contributi. Il primo e fondamentale è stata l’edizione, quantunque non priva di limiti sul piano filologico, del suo Epistolario ad Antonio Vallisneri, ad opera di Silvestro Baglioni. Oltre a questo, sino ad ora, a parte la scelta meritoria, però non inedita, di antologizzare le sue opere come esemplari della prosa scientifica italiana del Seicento, compiuta da Maria Luisa Altieri Biagi e da Bruno Basile, gli unici contributi d’impostazione scientifica moderna, quantunque estremamente brevi, si trovano in due dizionari biografici e in un CD su Francesco Redi e sono, rispettivamente, di Luigi Belloni, Ugo Baldini e Walter Bernardi. Tanta disattenzione storiografica -pur in presenza di una facilmente accessibile edizione di una massa non trascurabile di documenti epistolari così utili alla ricostruzione della sua pratica sperimentale e della sua figura scientifica- non può non colpire se si riflette anche brevemente sulla quantità e sulla qualità delle sue osservazioni esposte nell’Epistolario. In tale raccolta di lettere si trovano notizie di prima mano sulla sua formazione scientifica e sui suoi eventi biografici, sulle fonti del suo pensiero e sulla genesi della maggior parte delle sue opere edite, sulle molte osservazioni a cui si dedicò con perizia esemplare. Le ricerche tipiche della sua attività scientifica di cui si ha notizia nell’Epistolario sono molte e molto ben descritte. A puro titolo esemplificativo si possono ricordare quelle sulle uova delle pulci, sui camaleonti, sulla mantide religiosa, sulle brume, o teredini, delle navi, sulla mosca dei rosai, sulle galle delle piante, sui pedicelli ambulacrali degli echinodermi, sull’animalità del corallo, sugli infusori dell’acqua, sugli spermatozoi, sull’eziologia della scabbia, per non parlare dell’utilizzo del microscopio, dell’illustrazione insistita dei principi della medicina galileiana e filo-ippocratica e dell’efficacia terapeutica della salsapariglia e della china-china. Molti sono i casi in cui il lavoro scientifico e sperimentale di Cestoni ha giocato un ruolo di primo piano nell’indirizzare e nel sostenere le ricerche di Vallisneri. Fra i tanti possibili casi sono valutati quelli relativi alle esperienze volte a dimostrare l’origine meteorica delle acque sorgenti, all’illustrazione delle caratteristiche e alle modalità di riproduzione delle brume, o teredini, delle navi e a chiarire la scoperta dell’origine della scabbia.
Di fronte a una figura di ricercatore caratterizzata da tanta originalità sperimentale e scientifica è difficile non convenire sull’inadeguatezza dell’attenzione che le è stata sinora riservata dalla storiografia della scienza. A questa disattenzione storiografica, con i conseguenti spazi lasciati agli scritti celebrativi, agiografici e localistici, si è accompagnato il radicarsi di un’immagine falsificante e unilaterale di un Cestoni scientificamente sottomesso e disconosciuto, modesto portatore d’acqua degli autori più noti con i quali collaborò e, in particolare, di Redi e Vallisneri. Il pregiudizio del ruolo gregario e ancillare di Cestoni, connesso alla convinzione di una sua invisibilità nel dibattito scientifico del tempo, determinata dallo sfruttamento del suo lavoro da parte degli scienziati più noti con i quali collaborò, appare però un profondo fraintendimento storiografico, dal momento che tutti i testi, i documenti e i fatti mostrano l’esatto contrario. A partire dalla piena autonomia scientifica che aveva caratterizzato il suo rapporto con Redi, alla molteplicità delle relazioni con i maggiori intellettuali progressisti italiani del tempo, all’intenso carteggio scientifico con Vallisneri, che gli si rapportò, nella sostanza e almeno per alcuni aspetti, come a un maestro, emerge una figura dello speziale livornese ben radicata nell’ambiente scientifico del tempo, stimata e largamente conosciuta.
Un elemento che certamente favorì l’invisibilità storiografica di Cestoni, contribuendo ad accreditare l’immagine deformata che si è indicata, furono le modalità delle sue comunicazioni scientifiche, che privilegiarono largamente la via epistolare privata rispetto a quella ufficiale della pubblicazione. Sicuro del suo metodo scientifico e dell’affidabilità delle sue osservazioni, Cestoni non lo era invece affatto della sua formazione culturale e, soprattutto, come assai frequentemente capita agli autodidatti, della forma della sua comunicazione scritta. Un’altra ragione della sua scarsa propensione a sistemare in forma di trattato e a pubblicare le sue osservazioni sembra possa essere stato il suo disinteresse per la promozione pubblica della propria immagine, attraverso il continuo accrescimento della propria personale bibliografia, pulsione invece tipica dell’intellettuale ufficiale.
Tentare tuttavia di spiegare il persistere dell’invisibilità storiografica di Cestoni anche successivamente all’edizione dell’Epistolario ad Antonio Vallisneri implica necessariamente uno sforzo di riflessione sulle caratteristiche della storia della scienza in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi. A un primo periodo di provincialismo e di grave debolezza della disciplina ne seguì uno di significativa rinascita, a partire soprattutto dagli anni Settanta, con un ventennio circa di ritardo rispetto al rinnovamento e alla riqualificazione degli studi di storia della filosofia e di storia delle idee. Questa ripresa venne però promossa soprattutto da soggetti provenienti da quegli studi, di modo che per alcuni decenni la storia della scienza italiana fu fondamentalmente una storia delle idee filosofiche della scienza. Alla luce di un tale stato di cose appare forse più facilmente comprensibile la disattenzione storiografica nei confronti dell’opera di Cestoni e, conseguentemente, il persistere della sua parziale invisibilità. Se, infatti, la miglior storia della scienza italiana è stata fondamentalmente una storia delle idee filosofiche della scienza e una storia della cultura scientifica e delle idee, è naturale che i suoi oggetti di studio privilegiati siano stati altri dall’opera di Cestoni. Da alcuni anni a questa parte si è però assistito, anche in Italia, allo sviluppo di tendenze storiografiche meno legate alla tradizione storico-filosofica e più attente agli aspetti tecnici e sperimentali delle diverse discipline scientifiche. Sarà dunque avvalendosi dell’apporto anche di questo nuovo filone di ricerca, unito naturalmente alle tradizioni storiografiche già largamente sviluppate nel nostro paese, che si potrà pensare di superare il ritardo degli studi su questa nitidissima figura di scienziato, che fece della sua condizione professionale, estranea al mondo ufficiale della ricerca, un elemento di forza e non di debolezza.
Bibliografia
- Scienziati del Seicento, a cura di Maria Luisa Altieri Biagi e di Bruno Basile, Riccardo Ricciardi Editore, Milano 1980, pp. 739-790.
- Francesco Redi, CD curato scientificamente da Walter Bernardi per conto del Dipartimento di Studi storico-sociali e filosofici dell’Università di Siena.
- Ugo Baldini, Cestoni, Diacinto, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXIV, ad vocem.
- Luigi Belloni, Cestoni, Diacinto, in Dictionary of Scientific Biography, III, ad vocem.
- Diacinto Cestoni, Epistolario ad Antonio Vallisneri, con introduzione ed a cura di Silvestro Baglioni, Reale Accademia d’Italia, Roma 1940-1941, 2 voll.
- Dario Generali, Uno speziale che «superava la sua condizione». Il caso dell’invisibilità postuma di Diacinto Cestoni, in Figure dell’invisibilità. Le scienze della vita nell’Italia d’Antico Regime, a cura di Maria Teresa Monti e Marc J. Ratcliff, Olschki, Firenze 2004.
- Antonio Vallisneri, Epistolario, vol. I, 1679-1710 e vol. II, 1711-1713, a cura di Dario Generali, Angeli, Milano 1991 e 1998.
- Antonio Vallisneri, Epistolario, 1714-1729, CD a cura di Dario Generali, Olschki, Firenze 2006.
Nessun commento