La storia: eventi e strutture
Sono bellissimi i libri di Fernand Braudel. Sembra davvero di viaggiare nel tempo, di osservare gli uomini e comprendere le civiltà. I suoi testi non soltanto hanno rinnovato la storiografia ma rappresentano anche delle opere d’arte per questa loro capacità di avvincere il lettore, penetrando dentro le strutture sociali e le psicologie da cui sono animate. Braudel ha dato l’esempio di una nuova histoire universelle, scandita non soltanto diacronicamente ma anche sincronicamente, mirante –dunque- a individuare le tipologie, i modelli, le persistenze. Braudel fa di continuo interagire la storia con le altre scienze umane, in particolare con l’economia. In questo modo ne trae tutto il contenuto concreto, di vita vissuta, e nello stesso tempo le dà una dimensione davvero scientifica, quanto più oggettiva possibile.
Questo libro vasto e potente costituisce quindi una tappa fondamentale della storiografia e della sua trasformazione nel XX secolo. Nato nella prima stagione delle Annales, ne rappresenta una summa avvincente ed efficace. Il Mediterraneo della seconda metà del ‘500 è indagato, colto ed esposto a partire da tre piani fondamentali:
- storia dell’ambiente, a cui corrisponde il tempo geografico;
- storia strutturale, dei gruppi –tempo sociale;
- storia événementielle –tempo individuale (pp. XXXI-XXXII).
Attraverso «l’osservazione geografica della lunga durata» si è condotti «verso le più lente oscillazioni che la storia conosca» (p. 93), verso le radici più profonde –territoriali, climatiche, secolari- della polvere minuta degli eventi. Ad esempio, se ci furono due Mediterranei, con due comandanti diversi –Spagna e Turchia- ciò è dovuto anche al fatto che essi «sono, sotto l’aspetto fisico, economico, culturale, differenti tra loro; ciascuno è una zona di storia» (p. 132). Questo duplice Mare Interno è anche una conquista umana, attuata contro un clima «falsamente accogliente» e «talvolta duro e micidiale» (p. 245). Nella seconda metà del XVI secolo dentro questo spazio due grandi formazioni politiche e culturali, due imperi, raggiungono il loro apogeo, si scontrano duramente per poi ripiegare lasciando spazio alle nuove potenze del Nord e dell’Ovest. Lepanto (7 ottobre 1571) è anche un’occasione per saggiare il valore e i limiti della storia evenemenziale; fu una grande vittoria militare per i cristiani che sembrò non apportare alcun vantaggio concreto: «pure, se non si bada soltanto agli avvenimenti, a questo strato superficiale e brillante della storia, mille realtà nuove sorgono e –senza rumore, senza fanfare- camminano oltre Lepanto. L’incanto della potenza turca fu infranto» (p. 1165). Nel Cinquecento e nel Seicento il Mediterraneo «resta il centro del mondo, un universo splendido e forte» (p. 875). È questa la tesi centrale dell’opera: differire la decadenza del Mediterraneo ben oltre le imprese di Colombo, l’arrivo dei metalli preziosi dalle Americhe, la disfatta dell’Invincibile Armada, oltre la stessa Guerra dei Trent’Anni. Le civiltà, infatti, sono «come le dune, saldamente aggrappate a segrete accidentalità del suolo: i loro granelli di sabbia vanno, vengono, prendono il volo, s’ammucchiano a piacere dei venti, ma, somma immobile d’innumerevoli movimenti, la duna rimane sul posto» (p. 800) e mantiene la sua massa «sotto il movimento monotono dei secoli» (p. 821).
“Strutturalista” per temperamento e non per scuola, Braudel davanti a un singolo uomo –foss’anche un sovrano potente come Filippo II di Spagna- è «sempre tentato di vederlo chiuso in un destino ch’egli fabbrica a stento, in un paesaggio che disegna dietro e davanti a lui le prospettive infinite della “lunga durata”» (p. 1337). Al di là delle illusioni, delle pretese, dei titanismi soggettivi; oltre il patetico sogno di grandezza degli umani, i limiti del nostro stare al mondo si spargono come polvere fine fra le rocce degli spazi geografici, delle civiltà millenarie, dei tempi storici.
Fernand Braudel |
Civiltà e Imperi del Mediterraneo nell’’età di Filippo II |
(La Mediterranée et le Monde Mediterranéen à l’époque de Philippe II, Librairie Armand Colin, Paris 1949-19662) |
Trad. di Carlo Pischedda |
Torino, Einaudi 19764 (1953) |
«Biblioteca di cultura storica, 48» |
Due volumi, pagine XXXVI-1449 |
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